Quando Camillo Olivetti si reca per la prima volta negli Stati Uniti per accompagnare Galileo Ferraris al congresso di elettricità di Chicago del 1893, il mercato mondiale delle macchine per scrivere è saldamente nelle mani della Remington che nel 1873 ha avviato il processo di commercializzazione e produzione della "writing machine" brevettata da Christopher Natham Sholes nel 1868 e poi più volte perfezionata. Si tratta ancora di un modello a scrittura cieca (il dattilografo non vede il testo che sta digitando) e solo a partire dal 1896 con l'uscita della prima Underwood si porrà rimedio a questo difetto.
Durante il suo lungo soggiorno negli Stati Uniti nel 1893-94 e il successivo viaggio del 1895-96 Camillo Olivetti vede dunque negli uffici americani solo macchine per scrivere a "scrittura cieca", ma ha comunque modo di cogliere l'importanza di questo nuovo strumento, in Italia ancora scarsamente diffuso.
Rientrato a Ivrea, per qualche tempo assume la rappresentanza delle macchine per scrivere Royal, ma poi con alcuni soci avvia un'attività imprenditoriale per costruire strumenti di misurazione elettrica. L'impresa nel 1903 si trasferisce a Milano e assume la denominazione CGS (Centimetro, Grammo, Secondo). Non del tutto soddisfatto, attorno al 1906-1907 Camillo Olivetti matura l'idea di fondare una nuova attività in un settore non ancora presente in Italia; inizia così a lavorare al progetto di una macchina per scrivere.
Olivetti M1, la prima macchina per scrivere italiana
Non sappiamo come l'estroso ingegnere abbia condotto la progettazione della M1; sappiamo però che il 12 agosto 1908 spedisce da Milano, dove ha sede la CGS, una lettera alla moglie Luisa Revel scritta con il prototipo della nuova macchina che sarà poi prodotta e commercializzata dalla Ing. C. Olivetti & C., fondata a Ivrea due mesi e mezzo più tardi, il 29 ottobre 1908.
Il prototipo si ispira chiaramente alle macchine Remington e Underwood allora in uso; in particolare è probabile che Camillo, avendo visitato la Underwood di Hartford (Connecticut) nel dicembre 1908, in occasione del suo terzo viaggio americano, abbia guardato con particolare attenzione ai modelli di questa fabbrica. Si sa che al suo rientro da questo viaggio rivede completamente il progetto della macchina e introduce varie innovazioni soprattutto nei cinematismi, cioè nell'insieme degli organi di trasmissione del movimento dal tasto alla leva dei caratteri. L'ingegnere trova nuove soluzioni che garantiscono maggiore facilità e docilità di scrittura, tanto che può registrare vari brevetti in Europa e America.
Anni più tardi Adriano Olivetti riconoscerà che le carenze tecniche di quei primi tempi e la necessità di trovare soluzioni alternative rispetto a meccanismi coperti da brevetti delle imprese americane avevano costretto Camillo ad adottare soluzioni complesse e costose, tanto che per passare dal prototipo del 1908 alla produzione in serie ci erano voluti ben tre anni.
La Olivetti M1 (all'inizio chiamata semplicemente "Olivetti") viene infatti presentata al pubblico solo in occasione della Esposizione Internazionale dell'Industria e del Lavoro tenuta a Torino nel 1911. Un tempo così lungo è giustificato oltre che dalla complessità del progetto anche dai problemi di attrezzaggio e allestimento delle linee di produzione (Camillo progetta per questa attività anche alcune macchine utensili) e dalla formazione del personale proveniente da un'area dove la cultura industriale è ancora carente.
Il prodotto della "prima fabbrica nazionale di macchine per scrivere" è accolto dal pubblico con una certa curiosità, ma sul mercato fatica ad imporsi. La macchina per scrivere è considerata un prodotto ad alta tecnologia e i produttori più affermati sono americani o tedeschi: è difficile dare credito a una sconosciuta ditta italiana. La svolta avviene nel 1912, quando l'Olivetti, battendo la concorrenza della Remington, vince una gara per la fornitura al Ministero della Regia Marina di 100 macchine per scrivere. Il prezzo della M1 è superiore a quello della concorrente americana - 550 lire contro 450 - ma il meccanismo di scrittura inventato da Camillo è considerato più docile e giustifica la differenza di prezzo.
La M1 presenta una linea sobria ed elegante; lo stesso Camillo afferma che "l'estetica della macchina è stata particolarmente curata. Una macchina per scrivere non deve essere un gingillo da salotto, con ornati di gusto discutibile, ma avere un aspetto serio ed elegante nello stesso tempo".
Il successo con la Regia Marina e la fornitura di varie macchine alla casa reale aprono alla Olivetti l'accesso ad altre amministrazioni pubbliche e a imprese ed enti pubblici e privati. Nel 1913 la produzione delle M1 avanza al ritmo di 23 macchine alla settimana e i dipendenti della Olivetti salgono dai 75 dell'anno precedente a 110.
Camillo investe nella struttura commerciale: in Italia pone le basi della rete commerciale aprendo le prime filiali e rappresentanze; al pittore Teodoro Wolf Ferrari affida la realizzazione di un manifesto con l'immagine di Dante che mostra una M1; su giornali e riviste compaiono campagne pubblicitarie con annunci che probabilmente egli stesso redige puntando sulla qualità di un prodotto italiano che non ha nulla da invidiare ai migliori prodotti stranieri...
Nel 1912 la M1 è offerta a 500 lire per il modello base e 575 per quello con tabulatore decimale e gradualmente le vendite iniziano a crescere, ma già nel 1914 - anche se non mancano le difficoltà finanziarie legate alla fase di avviamento della produzione - Camillo pensa di progettare un nuovo modello. L'inizio della guerra 1915-18 cambia lo scenario e l'azienda deve convertire gli impianti alle forniture militari, cessando di fatto la produzione delle M1 che riprende solo nel 1919. Nel complesso, tra il 1911 e il 1920 la produzione delle M1 non raggiunge le 5.500 unità.
Con la M20 i primi passi sul mercato internazionale
Nel 1920 la M1 viene sostituita da un nuovo modello, la M20. E' un momento delicato per la politica e la società italiana, ma la domanda di macchine per scrivere è sostenuta e incoraggia Camillo Olivetti a guardare con fiducia al mercato internazionale. La M20, progettata dall'ingegnere in collaborazione con il suo direttore generale tecnico, Domenico Burzio, viene presentata alla fiera internazionale di Bruxelles, dove nello stesso 1920 la ditta apre la sua prima "filiale autonoma" all'estero.
La nuova macchina presenta varie innovazioni, tra cui il carrello che scorre su guida fissa, una novità che inizialmente suscita perplessità, ma che poi viene adottata anche dai concorrenti. Come la M1, la M20 è di norma montata su "un vassoio" in legno con maniglie per agevolare gli spostamenti ed è protetta da un grande coperchio metallico. Nell'insieme la macchina "è molto ben riuscita", dichiara Camillo Olivetti, e a differenza di quanto avveniva con la M1, venduta essenzialmente in Italia, viene esportata in numerosi mercati europei ed extra-europei.
In Italia le vendite sono sostenute da campagne pubblicitarie che esaltano con immagini e testi naif l'italianità della macchina, la sua robustezza e la docilità della tastiera; escono anche manifesti disegnati da noti cartellonisti come Pirovano e Dudovich. Lo stile grafico e pubblicitario è comunque assai lontano da quello di alto profilo che si affermerà in Olivetti a partire dagli anni Trenta.
La produzione di M20 nel 1922 supera i 2.000 esemplari, che diventano 4.000 nel 1924, 8.000 nel 1926 e 13.000 nel 1929 alla vigilia della grande depressione; in tutto ne saranno prodotti oltre 80.000 esemplari. Parallelamente nel decennio il numero dei dipendenti sale da circa 200 a oltre 800. La piccola ditta familiare si appresta a divenire una grande industria moderna grazie anche al contributo di Adriano, figlio di Camillo, che aggiorna la fabbrica secondo i canoni della organizzazione scientifica del lavoro.
M40, eccellenza e qualità delle prestazioni
Tra le novità organizzative vi è la creazione nel 1929 di un Ufficio Progetti e Studi che affianca Camillo Olivetti nel delicato lavoro di progettazione dei nuovi modelli, compito che fino ad allora il fondatore aveva condotto quasi esclusivamente da solo.
Per aggiornare l'M20 Camillo lavora con Gino Levi Martinoli a un nuovo modello che prende corpo tra il 1929 e il 1930: nasce così la M40, che rimarrà in produzione fino al 1948, seppure con modifiche (una M40 seconda versione esce nel 1937-38; un'altra versione negli anni '40).
La transizione alla nuova macchina non è indolore, perché i tempi di avvio in produzione della M40 si rivelano più lunghi del previsto. Nel novembre 1929 Adriano Olivetti scrive al padre spiegando che la produzione in serie di grandi volumi richiede una preparazione attenta e laboriosa; l'allestimento delle linee di produzione procede a rilento perché per ottenere la massima precisione dell'attrezzaggio occorre il triplo del tempo rispetto alle soluzioni approssimative adottate 10 anni prima per la M20.
Nella fase preliminare al lancio della M40, un ruolo delicato è svolto dalla OMO (Officina Meccanica Olivetti) creata da Camillo nel 1926. A questa struttura viene affidato il compito di costruire i primi 20 esemplari del nuovo modello per verificarne il funzionamento e correggere eventuali piccoli difetti. La OMO realizza inoltre le attrezzature necessarie per la produzione di serie, che viene avviata nel 1931.
La M40 ancor più della M20 incontra il favore dei clienti che apprezzano il notevole progresso della qualità, la velocità di scrittura e la leggerezza di tocco della tastiera. Con questa macchina la Olivetti può permettersi di affrontare la concorrenza americana anche nei mercati più esigenti.
Tuttavia gli inizi sono difficili: la grande depressione fa sentire i suoi effetti in tutti i mercati e solo nel 1933 la produzione di macchine per scrivere Olivetti supera i livelli del 1929 e raggiunge le 15.000 unità (senza contare 9.000 esemplari della MP1, la portatile uscita nel 1932).
In quello stesso 1933 viene pubblicata a cura del "Comitato per il prodotto italiano" la relazione della "Commissione speciale nominata per l'esame tecnico della macchina da scrivere Olivetti Modello 40". Il documento analizza in dettaglio le caratteristiche della M40 e arriva a conclusioni molto positive: particolarmente apprezzati sono il meccanismo cinematico che garantisce "una elevata ed uniforme velocità di scrittura", la scelta accurata dei materiali, l'esattezza delle lavorazioni, il carrello a guida fissa e in generale "la genialità innovatrice di ideazione che caratterizza la maggior parte degli organi e meccanismi della M40".
La progressiva affermazione della M40 sul mercato italiano e all'estero culmina nel 1942, quando la produzione di macchine standard Olivetti si avvicina alle 38.000 unità. Ma la guerra incide negativamente sui mercati e la fabbrica ancora una volta deve in parte riconvertirsi alle produzioni belliche.
Nei difficili anni del dopoguerra la M40 resta il modello standard dell'offerta Olivetti (tra il 1930 e il 1948 se ne producono oltre mezzo milione di esemplari nelle varie versioni), affiancato dalla semi-standard Studio 42, uscita nel 1935, e dalla portatile MP1 del 1932. E' il momento di rinnovare radicalmente l'offerta con prodotti adeguati al nuovo contesto economico e sociale: l'Olivetti lo farà con una sequenza di prodotti di straordinario successo: la Lexikon 80 (1948), la Lettera 22 (1950) e la Studio 44 (1952), macchine frutto della genialità del progettista Giuseppe Beccio e del designer Marcello Nizzoli.