Dino Olivetti nasce il 22 luglio 1912 a Ivrea nell’ex Convento di San Bernardino dove risiede la sua famiglia; è il sesto e ultimo figlio di Camillo e di Luigia (Luisa) Revel.
Dopo gli studi in un collegio valdese di Torre Pellice, studia al Politecnico di Milano e, chiamato al servizio militare, partecipa alla campagna d’Africa (guerra d’Etiopia).
Nel viaggio di ritorno, senza passare da Ivrea, si imbarca a Napoli per Boston e prosegue gli studi al Massachusetts Institute of Technology.
Il viaggio negli Stati Uniti è caldeggiato dal padre, che in una lettera del 1937 ha modo di scrivere: “Ho mandato mio figlio [Dino] in America non tanto per imparare di più l’ingegneria, […] ma perché desidererei che stesse per qualche tempo in un ambiente diverso da quello che i giovani oggi trovano in Italia”.
Le leggi antisemite del 1938 divengono per Dino un motivo in più per non rientrare in Italia. Ottenuta la laurea in ingegneria generale ottiene un incarico di assistente presso l’Automative Laboratory del MIT.
Dopo il matrimonio (1940) con Rosemond (Posy) Castle, si trasferisce a San Paolo dove segue la consociata Olivetti do Brasil. Durante un viaggio dal Brasile agli Stati Uniti, nel 1941 viene fermato dalle forze alleate e condotto in un campo di prigionia a Trinidad; ma dopo qualche tempo può rientrare negli Stati Uniti e inizia a lavorare dapprima (1942-1945) alla North American Aviation di Kansas City (Missouri), e poi (1945-1946) alla Diamond Instrument Company di Wakefield (Massachusetts).
Nel 1946 rientra ad Ivrea dove collabora con il fratello Adriano al rilancio della Olivetti, assumendo la carica di direttore generale, oltre che di presidente delle Officine Meccaniche Olivetti. In particolare partecipa attivamente alla costituzione (febbraio 1950) della consociata americana Olivetti Corporation of America (OCA), di cui assume la presidenza, ritornando quindi a risiedere negli Stati Uniti.
In questo nuovo ruolo, che conserva fino al 1960, organizza e promuove i primi tentativi di penetrazione del mercato statunitense dapprima con le macchine da calcolo Divisumma 14 e poi con le macchine per scrivere Lexikon 80 e Lettera 22.
Sotto la sua presidenza, presso la sede della OCA nel 1954 apre la showroom Olivetti da alcuni definita “il negozio più bello della Fifth Avenue”. In precedenza, nel 1952, Dino Olivetti e la OCA avevano contribuito a realizzare a New York, presso il Museo of Modern Art, la mostra Olivetti: design in industry, mostra che aveva sorpreso il pubblico americano per l'eccellenza del design e dello stile aziendale della “sconosciuta” o quasi azienda italiana.
In quello stesso 1952, fallito un tentativo di accordo tra l’Università di Roma e la Olivetti per la progettazione e costruzione di un elaboratore elettronico, Dino Olivetti convince il fratello Adriano a creare negli Stati Uniti un laboratorio di ricerche elettroniche; lo scopo primario è quello di seguire da vicino gli sviluppi della nuova tecnologia che si prospetta di grande interesse anche per i settori di attività della Olivetti.
A New Canaan (Connecticut), dove risiede Dino Olivetti, inizia così ad operare un piccolo il laboratorio, affidato a Michele Canepa, che crescerà fino ad occupare una settantina di persone.
La gestione della OCA, che opera su un mercato assai diverso - per dimensioni, competizione e canali di distribuzione - da quelli europei, pone varie difficoltà che Dino affronta anche con una vivace dialettica con il quartier generale di Ivrea.
Nominato vicepresidente della Società nel marzo del 1957, dal 15 settembre dello stesso anno diviene direttore generale tecnico, subentrando a Giuseppe Beccio; di conseguenza, rientra a Ivrea, mentre la direzione operativa della OCA è affidata a Guido Lorenzotti.
In un momento di forte tensione con il vertice aziendale, nel maggio 1959 Dino denuncia la scarsa razionalità dell’organizzazione aziendale, che egli ritiene troppo personalistica e familiare, e non nasconde il disaccordo su altre decisioni, tra cui in particolare il ventilato trasferimento di Canepa e del laboratorio di New Canaan – che Dino ha buoni motivi di considerare una sua “creatura” – in Italia a Borgolombardo. Quindi, anche al fine di favorire un chiarimento interno, Dino annuncia l’intenzione di dimettersi da tutte le cariche in Olivetti, a cominciare da quella di direttore generale tecnico (in quel momento è vice-presidente della Società, presidente della OCA e della Olivetti Suisse).
Nel luglio 1959 un comunicato aziendale formalizza le dimissioni di Dino da direttore generale tecnico e informa che la funzione verrà svolta da Adriano. Questi si adopera in vari modi per ricucire lo strappo con Dino, che comunque, per lealtà e senso di responsabilità, appoggia la posizione di Adriano nell’assemblea straordinaria del 25 febbraio 1960. In quell’occasione viene deliberato un importante aumento di capitale che testimonia il ritrovato accordo all’interno dell’azionariato. Ma due giorni dopo Adriano muore improvvisamente; la guida della Società in una traumatica fase di transizione è affidata a Giuseppe Pero.
Poco dopo verrà presa la decisione di chiudere il laboratorio di New Canaan, e da quel momento Dino di fatto non avrà più modo di svolgere funzioni direttamente operative, pur restando vicepresidente della Società fino a maggio 1964 e consigliere d’amministrazione fino alla sua morte.
Nei primi anni ’60 intensifica l’impegno nel campo culturale e sociale: diviene vice-presidente dell’Istituto Nazionale di Architettura (1960-1964), presidente dell’Ospedale Civile di Ivrea e di alcuni enti di carattere sociale.
Sul piano professionale, lasciate le funzioni operative in Olivetti, la sua attività si rivolge a nuove iniziative: tra il 1964 e il 1968 è presidente dell’Arco spa, fabbrica di componenti elettromeccanici; nel 1967 a Milano avvia con Remo Galletti la società Applicazioni & Ricerche Elettroniche, per lo sviluppo di apparecchiature elettroniche; nel 1968 fonda ad Aprilia la Dospa (Dino Olivetti spa), azienda di componenti elettronici che compie anche le prime sperimentazioni sui circuiti ibridi.
Muore improvvisamente, così come era successo ai fratelli Adriano e Massimo, a Milano il 24 dicembre 1976.