Giovanni Enriques nasce a Bologna il 24 gennaio 1905. Il padre Federigo, di famiglia ebraica, è docente universitario a Bologna e in seguito a Roma; con la sua vasta cultura di matematico, epistemologo e storico della scienza contribuisce nel primo Novecento al progresso in Italia della cultura filosofico-scientifica. Anche la madre, Luisa Miranda Coen, proviene da una famiglia ebraica.
Giovanni completa gli studi liceali e universitari a Roma, dove nell’ottobre 1929, prestato il servizio militare, si laurea in ingegneria. Nel febbraio dell’anno seguente, dopo un contatto con Adriano Olivetti è assunto dalla fabbrica di Ivrea dove per qualche tempo lavora in officina come semplice apprendista.
In quei mesi l’Olivetti sta mettendo a punto un piano per la produzione in serie della sua nuova macchina per scrivere, la M40, ed Enriques viene coinvolto in alcuni studi preparatori.
Nel 1931 chiede un anno di aspettativa per compiere un viaggio di studio negli Stati Uniti, dove visita fabbriche, università e centri culturali e fa brevi esperienze di lavoro.
Rientrato in Italia, nell’ottobre 1932 si fa riassumere dalla Olivetti, ma questa volta a Milano, dove si è temporaneamente trasferito Adriano e dove l’azienda ha da poco aperto l’ufficio sviluppo e pubblicità.
Enriques, ben presto nominato dirigente, si orienta all’attività commerciale: dapprima gli viene affidata la filiale di Bologna, poi la vice-direzione di quella di Milano e quindi nel giugno 1936, con un notevole salto di responsabilità, la direzione dell’Ufficio Esteri. Sfruttando la congiuntura favorevole e le sue capacità di costruire relazioni e prendere rapide decisioni, ottiene in breve risultati molto positivi per le esportazioni della Olivetti.
A seguito delle leggi razziali nel 1938, viene mandato a Parigi dove nel 1939 partecipa alla costituzione della consociata SAMPO-Olivetti (la futura Olivetti France). Rientrato in Italia probabilmente nei primi mesi del 1940, si adopera per difendere in tempi di guerra la posizione della Olivetti sui mercati esteri.
Le vicende politico-militari consolidano il suo atteggiamento anti-fascista e dopo l’8 settembre 1943 entra a far parte del CLN di fabbrica. Nell’ottobre 1943 la moglie Emma Cosattini, che Enriques aveva sposato nel 1936, muore per una malattia e lo lascia con due figli di 4 e 2 anni (la primogenita era morta nel 1940).
Sono momenti drammatici, dal punto di vista familiare, personale e professionale. Nel febbraio 1944, quando Adriano Olivetti deve riparare in Svizzera, la conduzione dell’impresa viene affidata a un triumvirato costituito da Giuseppe Pero (amministrazione), Gino Martinoli (produzione) e dallo stesso Enriques (attività commerciali).
I rapporti con i tedeschi sono estremamente delicati, anche se l’Olivetti è ancora considerata “azienda protetta” in quanto fornitrice di prodotti per il Reich. Enriques figlio di padre e madre di origini ebraiche è assai esposto, ma riesce a proteggersi creando con l'aiuto dell'amico e collega Giorgio Trossarelli un falso certificato di appartenenza alla razza ariana. Anche la partecipazione con Gino Martìnoli al CLN di fabbrica lo espone a seri rischi, tanto più che l’Olivetti mantiene attivi contatti con le formazioni partigiane, aiuta dipendenti e cittadini fornendo informazioni e documenti falsi utili per sottrarsi alla repressione nazista.
Quando nel gennaio 1945 il Comando tedesco di Vercelli ha la percezione del doppio gioco dell’azienda e ne ordina la distruzione, Enriques, sostenuto da Martìnoli che ha una buona conoscenza del tedesco, riesce a corrompere un ufficiale nazista e a ritardare la distruzione degli stabilimenti che potranno così arrivare integri alla fine della guerra.
La resa del contingente tedesco di Ivrea e Canavese è trattata tra gli Alleati e l’esercito tedesco nella villa di Enriques sulla collina di Montenavale in Ivrea, dove si è installato il locale comando partigiano.
Finita la guerra, Adriano Olivetti rientra dalla Svizzera e forse per riportare saldamente in mano agli Olivetti la gestione aziendale scioglie il triumvirato e ridimensiona i ruoli di Martìnoli, a cui propone la guida della fabbrica di Barcellona, e di Enriques, a cui offre la direzione della filiale di Roma.
A differenza di Martìnoli, Enriques accetta la proposta anche in funzione del supporto che a Roma può avere dai famigliari; ma il nuovo incarico dura pochi mesi. Già nel gennaio 1946 è inviato a Glasgow per porre le basi della British Olivetti; a maggio gli viene affidato tutto il settore estero e poco dopo diviene condirettore generale commerciale. Nel dicembre 1947 è nominato direttore generale commerciale.
In quegli anni viaggia moltissimo e contribuisce grandemente al processo di internazionalizzazione della Olivetti con la costituzione di varie consociate estere nei mercati di maggiore interesse aziendale.
Nel 1952 riesce a battere la Remington nella gara per una importante fornitura di macchine per scrivere al Brasile; Enriques, che opera a tutto campo e con molta autonomia, ottiene il successo grazie a una clausola che prevede l’impegno della Olivetti a costruire in Brasile uno stabilimento di montaggio. Ma questa clausola, non concordata con Adriano Olivetti, crea rapporti molto tesi con il presidente; quando poi, a fronte di una crisi di sovrapproduzione, Enriques propone di ridurre la produzione e l’occupazione nelle fabbriche, lo scontro con Adriano – che opta invece per difendere i livelli occupazionali e investire di più nella rete commerciale – diventa insanabile. Il 2 gennaio 1953 una comunicazione aziendale dà notizia delle dimissioni di Enriques “su sua richiesta per motivi di interesse familiare”.
Concluso bruscamente il rapporto con la Olivetti, Enriques (che ottiene comunque un contratto biennale di consulenza) intensifica le sue relazioni sociali e politiche e collabora con gli ambienti culturali del liberal-progressismo.
Nel 1953-56 dirige la Scuola di management (in seguito IPSOA) costituita a Torino su iniziativa di Unione industriale, Fiat e Olivetti; diviene consulente dell'IMI (Istituto mobiliare italiano) che tra il 1958 e la fine degli anni ’70 gli affida incarichi operativi in alcune sue iniziative, tra cui l’ISAP, banca di sviluppo per nuove iniziative imprenditoriali, la Parabola d’Oro, società per lo sviluppo del turismo d’élite in Sardegna e Mezzogiorno, la SOMEA, società di consulenza e alta direzione per l'informatizzazione della gestione aziendale.
Dopo l’uscita dalla Olivetti, Enriques riesce anche a seguire più da vicino gli sviluppi della casa editrice Zanichelli di Bologna e della fabbrica di penne stilografiche Aurora di Torino, aziende di cui possiede un’importante quota azionaria ricevuta dallo zio Isaia Levi, senatore del Regno.
Alla fine del 1946 si ritrova azionista di maggioranza dell’Aurora ed è nominato amministratore delegato nel 1948 e presidente nel 1953, carica che conserva fino al 1981, pur avendo ceduto nel 1961 il 70% delle azioni. Negli anni ’50 promuove un programma di riorganizzazione e rilancio dell’azienda torinese puntando su innovazione e disegno industriale, come nel modello olivettiano. Ma con la cessione del pacchetto azionario dell’Aurora e le dimissioni da amministratore delegato, il suo principale interesse si sposta verso la Zanichelli.
Era entrato nel CdA della casa editrice bolognese fin dal 1946 e nel 1948 ne era divenuto presidente, ma senza interferire nella gestione aziendale. Nel 1952 aveva comunque creato a Torino una piccola casa editrice, la Editoriale Aurora Zanichelli in cui avevano investito ambedue le società maggiori.
Quando nel 1959-60 rileva le quote azionarie detenute dalle sorelle Alma e Adriana, Enriques conquista la maggioranza assoluta del capitale sociale e può intervenire con maggior decisione nella conduzione della casa editrice. Riorganizza le strutture, rinnova la dirigenza e affida la direzione editoriale a Delfino Insolera; questi conferma la tradizione della casa editrice orientata alla didattica e alla divulgazione scientifica, amplia i rapporti con i centri di produzione scientifica mondiale, fa tradurre opere dei maggiori scienziati stranieri e testi didattici americani di fisica, chimica, scienze della Terra, biologia.
L’impegno in Zanichelli rafforza l’immagine di Enriques come imprenditore culturale dell’area liberal-progressista proprio quando nelle associazioni degli industriali inizia a crescere la domanda di maggiori aperture e più decisi cambiamenti. Si creano in questo modo le condizioni che portano all’ingresso di Enriques nella giunta della Confindustria. Sotto la presidenza (1970-74) di Renato Lombardi, è infatti chiamato a coprire il ruolo di “consigliere incaricato” del Centro studi confindustriale.
Negli anni successivi, si ritira a Milano, dove si era trasferito fin dal 1957 dopo il secondo matrimonio, e abbandona progressivamente la vita attiva, lasciando nel 1987 anche la presidenza della Zanichelli a causa di una grave malattia.
Giovanni Enriques muore a Milano il 21 maggio 1990.