Dopo gli anni della guerra e quelli altrettanto difficili della prima ricostruzione, l’Olivetti percepisce che la sua ripresa dipende in larga misura dalla capacità di innovare. L’offerta, nei suoi principali settori di business, ha bisogno di essere aggiornata: nelle macchine per scrivere le vendite dipendono da modelli progettati tra il 1930 e il 1935, come la M40, la MP1 e la Studio 42; nelle macchine da calcolo manca un prodotto capace di effettuare anche la divisione.
Al progetto viene chiesto di studiare nuovi prodotti e i risultati arrivano presto: il 1948 segna per l’Olivetti una svolta importante. Nel calcolo esce la Divisumma 14, ben presto giudicata il modello più efficiente del suo settore sul mercato mondiale; nella scrittura meccanica la Lexikon 80, un capolavoro firmato dalla coppia Giuseppe Beccio e Marcello Nizzoli, rappresenta un punto di rottura con il passato.
Lexikon 80: un progetto tutto nuovo
Beccio, il progettista, si propone l’obiettivo di raggiungere il massimo risultato con il minimo dei mezzi: costruire una macchina che migliori le prestazioni di quelle precedenti semplificando quanto più possibile la tecnologia e l’impiego di risorse. Con questo approccio non basta migliorare i modelli esistenti sul mercato in quel momento, ma bisogna partire da zero, immaginare qualcosa di completamente nuovo.
L’obiettivo di offrire una maggiore velocità di scrittura con la minima fatica dell’operatore viene raggiunto alleggerendo il carrello e ripensando radicalmente i meccanismi cinematici che trasmettono il movimento alle 45 leve dei caratteri. La velocità del movimento non solo agevola il dattilografo, ma consente anche una più intensa impressione del carattere sul foglio di carta e quindi una migliore qualità di stampa.
Velocità e qualità di stampa sono anche favoriti dalla scorrevolezza del carrello che si muove su speciali cuscinetti a sfere e da un dispositivo che immobilizza il nastro dattilografico nel momento della stampa, evitando possibili ‘sbavature’ della stampa. Una novità è anche il meccanismo che consente di graduare in 5 livelli l’intensità del tocco sul tasto, adattandola alle diverse abitudini dei dattilografi. Con tutte queste soluzioni Beccio riesce a mettere a punto una macchina precisa, affidabile e facile da usare.
Una macchina degna del MOMA di New York
Ma l’innovazione più visibile è quella introdotta dal design di Marcello Nizzoli. La Lexikon 80, raffrontata ai modelli precedenti, colpisce subito per la sua linea elegante: il “guscio” arrotondato in pressofusione di alluminio che nasconde l’apparato tecnico e tende a integrare anche il rullo su cui scorre il foglio; i tasti incassati e semplificati con l’eliminazione del cerchio protettivo; la leva del carrello di forma elegante ed ergonomica; il colore riposante – beige e poi azzurrino in una successiva versione – che rompe la tradizione delle macchine professionali, fino ad allora rigorosamente nere.
Un’altra particolarità del design di Nizzoli, concordata con il progettista Beccio, è che la carrozzeria può essere agevolmente asportata dal corpo meccanico della macchina, analogamente a quanto succedeva un tempo per le automobili, rendendo in questo modo più agevoli eventuali interventi di manutenzione.
Questo modello, inizialmente denominato M80 con un ideale collegamento alle precedenti M40, M20 e M1, viene ben presto ribattezzato Lexikon 80, ricorrendo a un termine greco in genere usato per indicare i dizionari e le raccolte di parole. Una scelta che è anche un segno di quella raffinatezza culturale che ha sempre caratterizzato lo stile Olivetti.
Con tutte queste caratteristiche, la Lexikon 80 si rivela un esempio di piena integrazione tra eleganza formale e funzionalità, tanto da trovare posto nelle collezioni permanenti del MOMA (Museum of Modern Art) di New York. Un riconoscimento che si aggiunge al successo commerciale ottenuto sul mercato mondiale, dove l’Olivetti tra il 1948 e il 1960 vende circa 800.000 Lexikon 80, compresa la versione elettrica Lexikon 80E – prima macchina per scrivere Olivetti di questo genere – uscita nel 1950.
Dai modelli meccanici manuali a quelli elettromeccanici
Il successo ottenuto con la Lexikon frena lo sviluppo di nuovi modelli di macchine per scrivere standard o professionali: nel corso degli anni ’50 esce la Graphika (1957), nel design assai simile alla Lexikon, ma che introduce – senza grande successo – la scrittura con spaziatura variabile.
Migliore accoglienza viene riservata alla Diaspron 82 (1959), anch’essa disegnata da Marcello Nizzoli, che abbandona le linee tondeggianti a favore di un design con spigoli e sfaccettature. La Diaspron è forse l’ultima macchina per scrivere manuale della Olivetti che registra buoni risultati commerciali.
A partire dagli anni ’60, infatti, i mercati si rivolgono decisamente verso i modelli elettrici e il progetto Olivetti si adegua rapidamente.
Nel 1961 esce la Olivetti 84, meccanicamente derivata dalla Lexikon 80E, ma esteticamente assai diversa, per effetto del design di Pintori e Nizzoli che si richiamano piuttosto alla Diaspron 82. La Olivetti 84 è la più pesante macchina per scrivere prodotta dalla Olivetti: raggiunge i 28 kg!
Sempre nel 1961 la Olivetti Underwood mette in produzione la Forum, molto simile alla Olivetti 84, e la Raphael, che ha la stessa carrozzeria della Forum, ma che se ne differenzia nella meccanica, anche perché consente la stampa con spaziatura variabile.
Innovazione nel design, nei materiali e nell’elemento di scrittura
Negli anni seguenti si susseguono i nuovi modelli: i margini di innovazione tecnologica nelle macchine per scrivere meccaniche sono ormai ridotti e l’innovazione più evidente spesso è quella del design. Per la Tekne 3 (1964) e la Tekne 4 (1965), disegnate da Ettore Sottsass e Hans Von Klier, il progetto meccanico di Rinaldo Salto adotta comunque soluzioni innovative, che consentono una velocità teorica di 840 battute al minuto (ben superiore alle 600-650 battute raggiunte dalle dattilografe più veloci) e la stampa contemporanea fino a 20 copie.
Le soluzioni adottate per la Tekne sono accolte con molto favore dal mercato e diventano la base per vari modelli successivi, a cominciare dalla Editor (1965) che consente la stampa a spaziatura variabile dalla Praxis 48, anch’essa presentata nel 1965.
Progettista e designer della Praxis sono gli stessi della Tekne, ma l’aspetto esterno di questo modello è completamente diverso: caratteri inconfondibili sono la tastiera sollevata rispetto alla base della macchina, i tasti verdi, le scanalature delle fiancate, la compattezza e maneggevolezza che potrebbero indurre a collocare questo modello nella categoria delle ‘semi-standard’, erede quindi delle Studio 42 (1935) e Studio 44 (1952). La relativa leggerezza della Praxis 48 – 16kg contro i 22kg della Tekne – è dovuta anche all’adozione di una carrozzeria in materia plastica; una innovazione che avrà sempre più spazio nei modelli successivi.
Il quadro dei principali modelli di macchine per scrivere professionali elettriche prodotte dalla Olivetti si completa con la serie Editor e la serie Lexikon 90.
Editor 5 (1968), Editor 4 (1969) aggiornano e perfezionano in vari dettagli la meccanica e il design della Editor del 1965, con una risposta molto positiva del mercato. Più tiepida è l'accoglienza per la Editor 3 (1970), modello più economico che nel design è simile alle Editor 4 e 5, ma che per la meccanica deriva dalla Editor 2 (1968), prodotta dalla Olivetti-Underwood soprattutto per il mercato americano.
Lexikon 90 (1975), Lexikon 92C (1976), Lexikon 93 (1978) e Lexikon 94 (1978) introducono la grande novità – per l’Olivetti, ma già presente nelle macchine IBM – della stampa mediante pallina intercambiabile; alcuni modelli sono dotati anche del dispositivo di correzione. Il progetto del nuovo elemento di scrittura è molto complesso e introduce una netta discontinuità rispetto alle macchine per scrivere precedenti. L’Olivetti ricorre alla pallina di stampa anche per le portatili Lexikon 82 (1975) e Lexikon 83DL (1976), ma in seguito preferirà adottare la stampa con il dispositivo intercambiabile a margherita, anche allo scopo di evitare la ricerca di soluzioni molto complesse, necessarie per non incorrere nella violazione dei brevetti IBM sui dispositivi di stampa a pallina.
Nel 1978 con il lancio della
ET101, prima macchina per scrivere elettronica nel mondo, l’Olivetti imprime una svolta tecnologica e commerciale al mercato della scrittura meccanica. La novità risveglia la domanda di un mercato da alcuni anni divenuto stagnante e nel giro di breve tempo le macchine per scrivere elettroniche decretano il tramonto di quelle elettromeccaniche. Ma anche la stagione della scrittura elettronica avrà breve durata e dovrà cedere il passo alla straordinaria avanzata del personal computer.
Il testo di questo percorso contiene alcune informazioni tratte dal volumetto di Carlo Torchio "Le Macchine per scrivere della Olivetti", pubblicato a cura del Museo della Scrittura meccanica di Bra.
Videogallery
Elettroscrittura (1967, 10' 11")
Spot Olivetti Praxis 48, Editor 3, 4 e 5 (1975, 30")
Spot Olivetti macchina per scrivere elettrica Lexikon 90 (1978-79 ca., 1' 09")
Filmati della "playlist Olivetti" pubblicata su Youtube dall'Archivio Nazionale del Cinema d'Impresa, a cui l'Associazione Archivio Storico Olivetti ha affidato la conservazione delle sue pellicole storiche.
Al termine di ogni filmato la visione prosegue in modo automatico con i successivi titoli della playlist.