Chi era Domenico Burzio
Domenico Burzio nasce ad Ivrea il 4 aprile del 1876. La sua è una famiglia molto modesta e il padre fucinatore lo avvia ben presto allo stesso mestiere. A Domenico, però, questo lavoro non soddisfa, poiché si sente in grado di poter fare di più e di crescere al di là dell’esperienza paterna. Per questo motivo si impegna a migliorare la sua scarsa preparazione scolastica, seguendo una serie di corsi che lo aiuteranno moltissimo nel suo percorso lavorativo. Ad esempio, segue un corso di disegno meccanico e quello di “elettricità” organizzato da Camillo Olivetti nell’autunno del 1894. Un anno più tardi, nel 1895, si presenta allo stesso Camillo Olivetti, che sta aprendo la Ing. Olivetti & C. (nel 1904 divenuta la CGS - Centimetro Grammo Secondo), fabbrica di strumenti elettrici di misurazione, chiedendogli di poter lavorare con lui. L'ingegnere gli suggerisce di studiare per imparare il mestiere del fuochista, figura necessaria nella futura fabbrica. Burzio segue il consiglio, ottiene il diploma di fuochista e nel 1896 inizia a lavorare nella fabbrica di Camillo Olivetti con la buona paga di Lit. 1,25 al giorno.
Le doti di Domenico Burzio si fanno notare molto presto, tanto che nel giro di poco tempo gli vengono affidate responsabilità crescenti, fino a diventare coordinatore del piccolo nucleo di operai nel frattempo assunti in fabbrica.
Il segno lasciato in Olivetti
Nel 1903 l’azienda di Camillo Olivetti si trasferisce a Milano e con essa si spostano anche tutti i suoi dipendenti (oltre 50 persone). A Burzio viene assegnato l’incarico di direttore dell’officina, ma nel tempo libero continua a studiare e riesce a conseguire un diploma di elettrotecnica.
Nel 1907 Camillo decide di porre fine all’esperienza milanese. Resta presidente della CGS, ruolo che manterrà fino al 1917, ma ha in mente un nuovo progetto: vuole creare una fabbrica per la produzione di macchine per scrivere e la vuole aprire nella sua città, Ivrea, utilizzando l'edificio in mattoni rossi che aveva già ospitato la sua iniziativa imprenditoriale. La produzione alla nuova Olivetti, costituita il 29 ottobre 1908, inizia nel 1909 e tra i collaboratori più stretti Camillo Olivetti vuole avere accanto proprio Domenico Burzio, che diventa Direttore Tecnico, il primo della Olivetti.
In azienda diventa praticamente il braccio destro di Camillo Olivetti. Ha la fama di capo severo e di poche parole, ma di grande umanità: riceve direttamente nel suo ufficio gli operai che hanno problemi e difficoltà economiche e interviene con consigli e aiuti concreti, cercando anche di incrementare tra i lavoratori i vincoli di solidarietà.
La sua morte improvvisa, il 22 marzo del 1932, lascia un grande vuoto nell’azienda: tutti sentono che è venuto a mancare un “pezzo” importante della fabbrica, un punto di riferimento che ne ha accompagnato non solo il progresso economico e produttivo, ma anche lo sviluppo di un più positivo sistema delle relazioni sociali e personali.
Il Fondo Domenico Burzio
Pur essendo ricordato da tutti come il primo Direttore Tecnico della Olivetti, nonché come gran lavoratore tutto dedito all'Azienda, Domenico Burzio si è sicuramente contraddistinto anche per la sua capacità di ascoltare e aiutare i suoi dipendenti. A ricordo di questo suo spirito di solidarietà e altruismo, nel 1932 nell'ambito delle attività assistenziali dell'Olivetti viene inaugurato il Fondo Domenico Burzio. Il Fondo ha lo scopo di aiutare, nel massimo della riservatezza, tutti quegli operai che hanno dei problemi che non riescono a risolvere in modo autonomo: si tratta, come affermerà lo stesso Camillo Olivetti in un discorso commemorativo di Burzio pronunciato nel 1933, di potenziare l’assistenza a favore dei dipendenti e di “garantire all’operaio una sicurezza sociale”.
Grazie al lavoro di un gruppo di assistenti sociali è possibile analizzare nel dettaglio la situazione di una sessantina di casi al giorno. Gli addetti del Fondo si recano direttamente nelle case dei dipendenti e ne analizzano le necessità e il tenore di vita. La situazione dell’operaio viene valutata dal lato economico, psicologico, lavorativo e familiare; si studiano le cause che hanno determinato le difficoltà e si individuano le forme di intervento idonee per superare i problemi nel modo più semplice ed efficace.
I metodi di intervento
I casi seguiti dal Fondo Burzio, poi divenuto Fondazione, sono tanti e diversi. Ad esempio, quando un lavoratore ha un familiare ammalato, il Fondo si fa carico delle spese per il medico, per l’ospedale e per i medicinali, in parte o integralmente. In altri casi, possono essere corrisposti dei sussidi straordinari per indumenti o per l’acquisto di legna per l’inverno, oppure per le spese di trasferimento e di trasloco dei nuovi operai, o ancora per le spese di viaggio straordinarie per quei lavoratori che risiedono lontano dalla propria famiglia.
La Fondazione prevede anche una serie di sussidi che vengono corrisposti normalmente in determinate occasioni: esistono, infatti, i sussidi di allattamento (50 lire al mese a tutte le operaie che allattano, per un periodo di sei mesi), i buoni viveri per gli ammalati che devono osservare diete speciali e per le famiglie numerose, e ancora i buoni latte per gli ammalati e i bambini.
Gli assistenti sociali provvedono anche a monitorare le condizioni di salute dei ragazzi fra i 14 e i 16 anni che frequentano la Scuola Formazione Meccanici dell'azienda: se dovessero risultare malnutriti, o comunque nutriti in modo insufficiente, il Fondo si impegna nella distribuzione dei buoni per la mensa del Dopolavoro Aziendale Olivetti, in modo del tutto gratuito.
Una particolarità del Fondo Burzio, che va giustamente sottolineata, riguarda il modo di lavorare degli assistenti sociali, che hanno saputo creare rapporti interpersonali molto positivi con i dipendenti. L’obiettivo del Fondo e dei suoi responsabili è stato da subito quello di stabilire con i dipendenti un rapporto basato sulla reciproca comprensione e fiducia, di modo che gli operai si potessero sempre sentirsi a loro agio in presenza di un assistente sociale. Si è creato, così, un affiatamento davvero particolare, che ha portato i dipendenti a confidarsi con gli operatori del Fondo anche su vicende strettamente private: gli operai sentivano di poter parlare in tutta libertà, di potersi confidare con gli assistenti sociali senza nessuna remora e, addirittura, in certi casi, di potergli affidare i propri figli.
Gli aiuti erogati da parte del Fondo erano davvero fuori dal comune. Come affermò lo stesso Adriano Olivetti, infatti, grazie alla Fondazione Burzio “le madri ebbero lettini, materassi, mantelli, scarpe per i loro bambini e a nessuno mancò la legna nell’inverno […] Imparai, organizzando questi servizi, a conoscere l’intimo nesso tra l’assistenza sanitaria e l’assistenza sociale. Imparai a conoscere quanto scarsa sia la sensibilità a questi problemi da parte di coloro che non li soffrono”.
La Fondazione Domenico Burzio, sempre finanziata principalmente da contributi della Società, nel 1960 viene sostituita dal Fondo di Solidarietà Interna, il cui scopo principale diventa quello di integrare il trattamento assicurativo e previdenziale del nostro Paese. Ciò non toglie che il Fondo voluto da Camillo Olivetti resti uno dei primi esempi di servizio organico di assistenza ai lavoratori introdotto dall'azienda.