Perché fare ricerca avanzata a Cambridge
L’Olivetti Research Laboratory (ORL), costituito a Cambridge (UK) nel 1986, nonostante le sue piccole dimensioni e la sua relativamente breve durata, rappresenta un’esperienza significativa della ricerca avanzata dell’Olivetti,.
La decisione di avviare un laboratorio presso l’Università di Cambridge rientrava nella strategia del Gruppo Olivetti di aprire le attività di ricerca al contributo esterno di ambienti scientifici ed accademici di alto profilo.
In particolare la scelta di Cambridge era giustificata da almeno due condizioni favorevoli.
In primo luogo, in quest’area erano nate molte piccole imprese high-tech e l’Università era divenuta un riconosciuto centro di eccellenza nel settore ICT, grazie alla presenza di qualificati studiosi e ricercatori. A Cambridge si era accumulato un prezioso patrimonio di conoscenze ed esperienze avanzate nel campo dei sistemi elettronici e delle reti di comunicazione; era diffusa l’idea che quest’area fosse l’unica in Europa in qualche modo paragonabile alla Silicon Valley californiana. Per l’Olivetti un laboratorio a Cambridge significava avere visibilità sugli sviluppi alle frontiere della tecnologia elettronica e informatica.
In secondo luogo, l’Olivetti aveva la possibilità di mettere a frutto la fitta rete di contatti con ricercatori e accademici di Cambridge costruita da Hermann Hauser, che nella primavera del 1986 era divenuto responsabile della Direzione Olivetti Ricerca. Hauser era un imprenditore con ampie competenze tecnologiche; di nazionalità austriaca, aveva operato proficuamente in Gran Bretagna, dove nel 1978 aveva fondato - proprio a Cambridge - la Acorn Computers, in breve tempo divenuta azienda leader sul mercato britannico dei sistemi specializzati per applicazioni didattiche. In seguito, nel 1985, l’Olivetti aveva acquisito il controllo della Acorn e Hauser aveva accettato di guidare le attività di ricerca avanzata della Olivetti.
Collaborazione tra università e industria
A dirigere il laboratorio era stato chiamato Andy Hopper, co-fondatore della Acorn Computers e docente di tecnologie informatiche presso il prestigioso Corpus Christi College. Hopper era molto noto anche per avere collaborato alla realizzazione di un nuovo sistema di networking, il “Cambridge ring”, considerato uno dei primi esempi di LAN (local area network).
La particolarità dell’Olivetti Research Laboratory consisteva nella sua localizzazione e organizzazione. La sede era situata sulla King’s Parade, l’arteria principale della città su cui si affacciano i più famosi college di Cambridge. Vi lavoravano 30-40 ricercatori, ma l’aspetto più interessante era costituito dalla rete di rapporti con il mondo accademico. Un obiettivo dichiarato dell’ORL era quello di creare le condizioni per cui alcune delle molte idee elaborate negli ambienti universitari potessero trasformarsi in progetti concreti: prodotti e servizi da offrire sul mercato. Per coerenza con questo obiettivo, il laboratorio era collegato con rete cablata ai diversi college dell’Università, aveva un rapporto privilegiato con il Computer Laboratory e l’Engineering Department dell’Università e quasi la metà delle attività svolte era condotta con la partecipazione di docenti e studenti.
Si trattava, in sostanza, di un brillante esempio di relazione sinergica tra industria e accademia.
Gli obiettivi di ricerca
Gli indirizzi di ricerca inizialmente individuati riguardavano le reti per l’informatica, le architetture dei computer, i sistemi di elaborazione del linguaggio naturale, le metodologie avanzate di progetto. Ma dopo qualche tempo l’attività del laboratorio, inquadrato nella Olivetti Systems & Networks (nel 1995 passerà in Olivetti Telemedia), si era concentrata su due maggiori aree.
Un primo filone era costituito dai progetti Pandora e Medusa per lo sviluppo di sistemi di gestione e comunicazione delle immagini ad alta velocità attraverso la tecnologia ATM (Asynchronous Transfer Mode). A quel tempo – siamo nel 1990-91 – si trattava di soluzioni molto innovative: i computer collegati in rete offrivano la possibilità di comunicare non solo con testi e immagini, ma anche con voce, suoni e immagini in movimento. In pratica, erano progetti fondamentali per lo sviluppo dei sistemi di video-mail e video-conferenza. Nel caso di Medusa – un’evoluzione di Pandora – gli interlocutori potevano essere ripresi da otto telecamere, così da fornire le immagini da angolature diverse e dare ai partecipanti l’impressione di una presenza fisica al colloquio.
Un secondo filone di attività riguardava i sistemi di localizzazione delle presenze. La soluzione realizzata nel laboratorio era basata su un “active badge”: si trattava di un badge di riconoscimento con la capacità di trasmettere (e ricevere) un segnale all’infrarosso ogni 10 secondi. Il segnale veniva raccolto da sensori fissi collegati ad un computer e diveniva quindi possibile localizzare in modo preciso una persona o un oggetto all’interno di un edificio o di un’area circoscritta. All’inizio degli anni ’90, quando la telefonia cellulare doveva ancora decollare, era una soluzione avveniristica. Consentiva di reindirizzare messaggi video e telefonate sul terminale più vicino al luogo dove si trova la persona; spostarsi da una stazione di lavoro all’altra (anche se situata in un diverso ufficio) e trovarla automaticamente predisposta con l’ambiente di lavoro previsto dalle istruzioni inserite nel badge (“ufficio attivo”); rilevare le presenze in un edificio e regolare l’accesso ad aree riservate, con possibili applicazioni nel campo dell’Intelligent Building.
Le ricerche dell’Olivetti Research Laboratory da un lato contribuivano ad ampliare e qualificare l’offerta Olivetti con soluzioni molto avanzate; dall’altro consentivano di accumulare competenze nel campo delle soluzioni per la mobilità e la comunicazione multimediale: due ambiti in cui negli anni successivi la tecnologia avrebbe registrato straordinari progressi.
Nuovi partner per il laboratorio
Come spesso succede nella ricerca avanzata, il ritorno degli investimenti per il laboratorio di Cambridge lasciava però a desiderare. Le nuove soluzioni proposte contribuivano molto marginalmente al fatturato e agli utili dell’Olivetti, che tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 si era trovata ad affrontare una delicata fase di trasformazione strutturale del mercato dell’informatica.
Una prima mossa per rinsaldare il centro di Cambridge fu il coinvolgimento dell’americana Digital Equipment che nel 1991 aveva raggiunto un accordo finanziario e commerciale con l’Olivetti. La DEC accettò di unire le sue forze a quelle dell’Olivetti per condurre a Cambridge un piano di ricerche congiunte. Ma in seguito la situazione finanziaria della DEC si aggravò, tanto che la società uscì dal capitale Olivetti. Questa, a sua volta in una fase molto critica, cercò di trovare un nuovo partner per il laboratorio di Cambridge e lo trovò in Oracle. Nel 1997 il laboratorio mutava quindi la denominazione in Olivetti & Oracle Reserch Center. Nel 1999, con l’uscita dell’Olivetti da gran parte delle attività informatiche e sistemistiche e con il deciso spostamento verso l’area delle telecomunicazioni, il laboratorio veniva rilevato dalla AT&T e assumeva la denominazione di AT&T Laboratories Cambridge. Ma anche questa era una soluzione di breve durata: in seguito alle difficoltà finanziarie dell’AT&T il laboratorio cessava la sua attività nel 2002.