La Programma 101 precorre i tempi
Il primo vero personal computer dell'Olivetti è l'M20, che esce nel 1982; sono passati solo sei mesi dalla presentazione del PC IBM 5150, il prodotto che avvia sul mercato mondiale la fase di crescita esplosiva del personal computing e l'Olivetti è la prima azienda europea capace di rispondere all'IBM con un personal computer professionale.
Il progetto dell'M20 non nasce all'improvviso, ma è il risultato di un complesso percorso tecnologico iniziato quasi vent'anni prima, quando Pier Giorgio Perotto aveva avuto l'idea di sviluppare un microelaboratore da tavolo; era nata così, nel 1965, la Programma 101, macchina che proprio per quell'idea di portare la capacità di elaborazione sulla scrivania è considerata oggi il progenitore del personal computer.
Dal punto di vista delle applicazioni e della struttura elettronica e informatica, la P101 riflette lo stato dell'arte della tecnologia di quel tempo ed è quindi ancora distante dal personal computer che conosciamo oggi. L'architettura della P101 è costituita da una unica rete logica sequenziata dal ciclo della linea magnetostrittiva, che è una memoria dinamica con un tempo di ciclo di circa due millisecondi. Come organi di ingresso e uscita dispone di una tastiera, una stampantina e un lettore di "cartolina magnetica": tutti organi integrati nel corpo macchina, motorizzati da un unico motore elettrico, che comanda anche la ventola di raffreddamento. La cartolina magnetica è molto innovativa ed è protetta da un brevetto; in un certo senso, potendo memorizzare sia i dati, sia i programmi, rappresenta l'equivalente di un floppy disc. Questi caratteri consentono alla macchina di essere completamente autosufficiente per la definizione, l'esecuzione e la memorizzazione dei programmi. I circuiti base (gate) e quelli ausiliari, sono organizzati in piccoli aggregati costituiti da un circuito stampato al quale vengono presaldati i componenti, a costituire i cosiddetti micromoduli, antesignani dei circuiti integrati (micrologici). Un flip-flop (circuito elettronico sequenziale utilizzato come dispositivo di memoria elementare) è costituito da almeno due micromoduli.
La P101 viene in seguito dotata dell'interfaccia IPSO (Interfaccia Periferiche Standard Olivetti) che facilita il collegamento di varie periferiche; nasce così la P102, versione migliorata della P101. La macchina è dotata solo di tastiera numerica, ma questa limitazione è superata attraverso il collegamento con la macchina per scrivere Tekne 3; nasce in questo modo la fatturatrice P203 (1967).
Con la microelettronica, nuove opportunità e nuovi problemi
L'arrivo sul mercato dei primi circuiti integrati SSI (small scale integration), a tecnologia RTL (resistor transistor logic) e DTL (diode transistor logic), sollecita lo sviluppo di nuovi prodotti. L'Olivetti, constatata la convenienza di questi componenti, avvia il progetto della Logos 270, calcolatrice elettronica che esce nel 1970. E' il primo prodotto Olivetti a circuiti integrati, che si inserisce però nel filone delle macchine da calcolo e non in quello dei computer.
Ma la logica DTL influisce anche sullo sviluppo della evoluzione della P101. Di fronte alla concorrenza della Hewlett Packard che introduce sul mercato un prodotto tecnologicamente più avanzato della P101, l'Olivetti progetta la P602 (1971), che adotta la stessa architettura della P101, ma dispone di una memoria magnetostrittiva di capacità doppia e di alcuni programmi significativi in ROM (read only memory): sono i primi componenti standard LSI ad alta integrazione (large scale integration) disponibili sul mercato. Anche la P602 può essere collegata a varie periferiche, tra cui la macchina per scrivere Editor 4; in questo modo nel 1972 viene ricavata la fatturatrice P603. Partendo dalla stessa base meccanica viene anche realizzato il sistema di scrittura Editor S14 (1972).
In sostanza, gli sviluppi della P101 vanno nella direzione dei sistemi specializzati, per la scrittura o per le applicazioni contabili.
Intanto, l'Olivetti porta avanti lo sviluppo, avviato nel 1968, di tre diverse unità centrali, con l'intento di utilizzarle come base di tre diversi livelli di sistema, con architettura proprietaria ispirata a quella dei minicomputer dell'epoca.
Una di queste unità centrali, composta da tre piastre standard, DTL, a basso impaccamento, con uso di memorie a nuclei di ferrite e ROM a trasformatori, diventa la base della P652, prodotto che deve affiancare verso l'alto la P602, ampliando la gamma dei prodotti tecnico-scientifici. Ma all'inizio degli anni '70 il quadro della tecnologia cambia in modo decisivo in seguito all'arrivo sul mercato, a prezzi competitivi, delle memorie RAM (1k) e ROM (4k) a MOS, che rendono obsolete le vecchie memorie a nuclei e le ROM a trasformatori. Ne soffrono sia la P602, sia la P652 che sta per entrare in produzione. La struttura e il linguaggio previsti per questa macchina si rivelano superati e la P652 deve essere riprogettata a tamburo battente, ricorrendo alle nuove memorie e a una struttura di tipo desk-top. Quando entra in produzione, agli inizi del 1973, la macchina risulta veloce e poco costosa, può essere collegata a varie periferiche; la cartolina magnetica ha una doppia traccia per lato, la tastiera non è più meccanica, ma elettronica a contatti. La P652 si rivela di almeno un ordine di grandezza più capace e veloce della P101.
Ma la tecnologia non si arresta e il ciclo di vita dei prodotti si accorcia. Già nel 1971 Intel ha presentato il primo microprocessore, il 4004, seguito l'anno dopo dall'8008 e dall'8080; il Basic si afferma sempre più come linguaggio standard, mentre la tecnologia del floppy disc offre nuove prospettive alla progettazione dei sistemi informatici. Sono sviluppi tecnologici che preparano la svolta verso il personal computer, che maturerà in modo visibile nei primi anni '80.
Innanzi tutto, le contabili...
All'inizio degli anni '70 l'Olivetti si impegna soprattutto nello sviluppo di nuovi sistemi contabili, a cominciare dalla A7 presentata nel 1974. Dotata di una unità centrale realizzata internamente (la E900), ha una memoria RAM (da 16Kb a 64Kb), disco fisso (160 Kb), dischi rimovibili, unità a nastro, schede magnetiche, governo linea. E' un sistema senza monitor, specializzato e quindi poco flessibile; un sistema, cioè, ancora lontano per architettura e prestazioni dal personal computer.
Insieme alla A7 esce una contabile di fascia più bassa, la A5, basata sulla unità centrale Micro8, sviluppata internamente e composta di due piastre standard a circuiti MSI (medium scale integration). Usa l'interfaccia IPSO, linguaggio LIMO (Linguaggio Macchina Olivetti), supporto programmi su cartolina magnetica, raccolta dati su cassetta magnetica standard Ecma o online con governo linea. Sarà seguita nel 1975 dalla A6, che ha la stessa base elettronica e meccanica, ma è dotata di floppy disc.
Accanto alle contabili e ai sistemi di scrittura, l'Olivetti non trascura il filone dei piccoli sistemi per applicazioni tecnico-scientifiche, iniziato con la P101. Nel 1976 alla fiera di Hannover viene presentato un successore della P652: è il P6060, basato sul kit modulare della UC 1009, unità centrale anch'essa sviluppata internamente. L'architettura si avvicina a quella del PC, come linguaggio utente usa il Basic, dispone di interfaccia IPSO e di floppy disc, ma non di monitor (ha solo un display di riga). La stampante integrata di pagina su 80 caratteri, alfanumerica, è a matrice di punti, veloce e silenziosa. Il limite della macchina - ottima per altri aspetti - risiede nella sua ridotta flessibilità applicativa.
Nel 1977 il P6060 è affiancato sulla fascia bassa dal P6040, basato sul processore Intel 8080; dispone di un mini floppy disc proprietario integrato.
Mentre l'Olivetti è impegnata in questi notevoli sviluppi, alcuni piccoli operatori sfruttano la disponibilità sul mercato dei nuovi ed economici componenti standard. Nel dicembre 1974 la MTS, piccola società americana, porta sul mercato l'Altair 8800: è il primo personal computer commercializzato. In breve tempo seguiranno anche i primi personal di Apple, Tandy, Commodore e altri, che riscuotono un successo superiore alle attese.
L'inevitabile confluenza nello standard di fatto dei PC
La tecnologia dei microprocessori e delle memorie continua ad evolvere a una velocità fino ad allora inimmaginabile e in Olivetti matura la convinzione che non basta ragionare in termini di evoluzione dei prodotti esistenti, ma bisogna pensare a un progetto interamente nuovo che sfrutti appieno le opportunità offerte dai nuovi componenti elettronici. E' una scelta impegnativa, che comporta la rinuncia a sviluppare internamente alcuni elementi chiave del computer, riducendo così il valore aggiunto incorporato nella macchina. Ma è comunque una scelta inevitabile, imposta dal mercato e dal vantaggio competitivo reso possibile dall'impiego di componenti standard.
Il progetto porta nel 1982 alla realizzazione dell'M20, personal computer basato su microprocessore Z8001 della Zilog con architettura a 16 bit, sistema operativo PCOS, uno o due floppy disc, hard disc e video da 12 pollici, una versione adattata del Basic come linguaggio utente, Assembler e Pascal come linguaggi macchina. In sostanza, l'architettura dell'M20 risulta allineata a quella dei PC presenti in quel momento sul mercato, ma non è compatibile con l'IBM 5150, basato su Intel e Microsoft, uscito da pochi mesi, ma già considerato il nuovo standard di mercato.
Nonostante le buone prestazioni, l'M20 sul mercato soffre proprio per la mancanza di compatibilità e quindi per le limitazioni del software applicativo disponibile. Ciò spingerà l'Olivetti a correggere la rotta e a progettare un modello pienamente compatibile con gli standard imposti dall'IBM. L'M24, uscito nel 1984 e basato sul microprocessore Intel 8086 e sul sistema operativo MS-DOS di Microsoft, ottiene sul mercato eccellenti risultati. Le prestazioni superiori rispetto a quelle degli equivalenti prodotti della concorrenza e l'alleanza con l'americana AT&T, che ne consentirà la vendita in grandi volumi anche sul mercato americano, faranno dell'M24 il personal computer di maggior successo tra quelli prodotti dalla società di Ivrea.
Questo percorso trae liberamente spunto da uno scritto di Gastone Garziera