Nella cultura dell’Olivetti alla metà del secolo scorso era ben radicata la convinzione che i luoghi del lavoro e della produzione dovessero avere elevate qualità estetiche, oltre che funzionali, per creare ambienti nei quali il lavoratore si sentisse gratificato e, trovandosi a proprio agio, potesse contribuire nel modo migliore alla crescita dell’impresa.
Questa convinzione si era poi estesa fino a comprendere anche i negozi, che dovevano rispettare certi standard predefiniti, essere disposti in modo razionale e funzionale, trasmettere al cliente un messaggio di efficienza, di qualità del design e di eccellenza tecnologica.
In certe città più importanti, al negozio era anche assegnata una funzione di rappresentanza e comunicazione dell’immagine, prima ancora che di attività commerciale; in questo caso, chi entrava doveva avere la percezione di un luogo dove tutto – dalle soluzioni architettoniche ai prodotti esposti, dall’arredamento ai servizi offerti – esprimeva cultura, innovazione, modernità.
Comunicare l’immagine attraverso un negozio
Nel 1956, la filiale di Venezia rinnova il negozio situato sul Bacino Orseolo, nei pressi di piazza San Marco. Il progetto del nuovo allestimento è dovuto a Gian Antonio Bernasconi; i locali sono abbelliti da un grande mosaico raffigurante cifre e lettere, realizzato da artigiani veneziani su disegno di Giovanni Pintori. Il soffitto a nido d’ape e i pavimenti in marmo serpentino e botticino a due colori conferiscono all’ambiente un tono elegante e vivace.
Ma per una città come Venezia l’Olivetti ha progetti più ambiziosi e nel 1957 promuove la ristrutturazione di un fondo di proprietà delle Assicurazioni Generali situato sotto i portici delle Procuratie Vecchie a pochi passi dalla basilica di San Marco. Adriano Olivetti ha in mente un negozio che trasmetta anche il senso della raffinata cultura dell’Azienda; un negozio che, posto in un contesto monumentale quale quello di piazza San Marco, faccia convivere la modernità e la tecnologia con il rispetto per l’ambiente storico.
Occorre quindi rivolgersi a un artista che conosca a fondo l’architettura, la storia e la cultura di Venezia. L’Olivetti decide di affidare l’incarico al veneziano Carlo Scarpa (1902-1978), che nel 1956 insieme a Ludovico Quaroni ha ottenuto il Premio Olivetti per l’Architettura e che è già molto noto per varie ristrutturazioni compiute in ambienti veneziani e per l’allestimento di importanti mostre.
La stesura del progetto si scontra subito con varie difficoltà: gli spazi disponibili sono angusti e le strutture architettoniche esistenti pongono vincoli stringenti. Scarpa deve impegnarsi a fondo per conciliare la necessaria funzionalità della struttura con l’eleganza delle forme. Non essendo proponibile giocare sui grandi spazi e sulle forme ariose, il progetto si concentra sui dettagli e sull’accurata scelta dei materiali (pietra e metalli, legno, vetri e laminati plastici), che sono utilizzati secondo un disegno molto elegante e attento ai minimi particolari.
"Un piccolo, raffinato capolavoro"
Il risultato è un’opera di alto valore espressivo, da alcuni definita “un piccolo, raffinato capolavoro”, inaugurato il 26 novembre 1958 alla presenza delle maggiori autorità della città.
La bellezza di questo ambiente, celebrata anche da Carlo Ragghianti in un lungo articolo pubblicato sul n. 4 di Zodiac nel 1960, nasce dall’accostamento di una serie di dettagli.
A sinistra dell’ingresso, sopra una lastra di marmo nero su cui è steso un velo di acqua fluente, la scultura (“Nudo”) di Alberto Viani dà subito un tono a tutto il negozio. Ragghianti racconta che Scarpa gli disse di avere elaborato il progetto come ambiente per la scultura di Viani; in questa affermazione vi è certamente un eccesso di modestia da parte di Scarpa, però è vero che l’opera di Viani cattura l’attenzione del visitatore appena entrato nel negozio, divenendo in qualche modo l’ombelico di quell’ambiente.
Lo spazio al piano terra, rialzato di 31 centimetri per proteggere il locale dalle periodiche aggressioni dell’acqua alta di piazza San Marco, è interamente dedicato all’esposizione dei prodotti e alla vendita; verso la piazza è chiuso da una cancellata in bronzo patinato, che si integra elegantemente nell’ambiente storico delle Procuratie Vecchie.
Una scala, leggera e irregolare, porta ai due grandi corridoi pensili che fungono anche da balconate per l’esposizione di prodotti e ottimizzano lo sfruttamento dello spazio che conduce ai piccoli ambienti d’ufficio del piano superiore.
I gradini in marmo carsico (massello di "aurisina"), i rivestimenti in legno di tek massiccio della balconata, la pavimentazione realizzata con tessere di mosaico, la modernità dei lampadari, la porticina laterale, i rivestimenti in pietra di alcune pareti, l’iscrizione discreta del nome e del logo Olivetti all’esterno del negozio, sono solo alcuni degli aspetti che testimoniano l’accuratezza e la raffinatezza del progetto di Scarpa.
L’Olivetti in seguito valorizzerà ulteriormente il negozio utilizzandolo anche come spazio espositivo per piccole mostre d’arte di elevata qualità, come ad esempio nel caso della mostra dedicata nel 1978 a Dino Buzzati.
Con il passare degli anni l’evoluzione dei mercati e il cambiamento dei canali di distribuzione commerciale, rendono la gestione del negozio (non solo a Venezia) troppo onerosa in rapporto ai risultati commerciali che l’Azienda ne ricava. Intorno alla metà degli anni ‘90; l’Olivetti decide pertanto di chiudere il negozio, non prima, però di avere ottenuto dalla Sovrintendenza alle Belle Arti di Venezia il riconoscimento del valore storico e artistico dei locali, così da impedire ogni eventuale futura manomissione dell’opera di Scarpa. Dopo essere stato occupato da una galleria d'arte e di oggetti in vetro di Murano, il negozio – forse l’unico rimasto tra quelli ristrutturati da Scarpa – viene rilevato dal FAI (Fondo Ambiente Italiano); riportato alle sue forme originarie e allestito anche con i prodotti storici dell'Olivetti, nell'aprile 2011 apre nuovamente ai visitatori nella forma di un piccolo, ma significativo museo.