Alla fine degli anni ‘70 con lo sviluppo della stampa digitale le tecnologie non impact si affermano sul mercato facendo leva sulle doti di flessibilità, silenziosità, qualità di scrittura e successivamente facilità nell’uso del colore. Nel giro di pochi anni sul mercato del personal printing il non impact (NIP o Non Impact Printing) spodesta la tecnologia a impatto (IP o Impact Printing) dalla posizione dominante che fino ad allora aveva detenuto.
Le tecnologie non impact di maggior successo sono la termica, l’elettrofotografica (in prevalenza laser) e il getto d’inchiostro (o inkjet).
La tecnologia termica
Lo sviluppo di questa tecnologia inizia negli anni ’70. Le testine di stampa sono formate da un insieme di piccole resistenze elettriche percorse da corrente che scaldandosi riproducono il carattere o l’immagine senza impatto meccanico sulla superficie di stampa. Il meccanismo di stampa è elettronico; la stampa può avvenire in modalità “seriale” (una lettera per volta) o “parallela” usata specialmente nei fax (una riga per volta grazie a una testina larga quanto l’intera pagina).
L’impressione del carattere può avvenire secondo diverse metodologie. Le più significative sono:
1. Direct Thermal, stampa termica diretta. Il gruppo stampa agisce su carta speciale trattata chimicamente in modo da annerirsi in presenza di calore. Le resistenze elettriche della testina si scaldano per effetto Joule e impressionano l’immagine sul foglio che scorre. Il meccanismo è molto silenzioso, ma lento; la carta speciale è costosa e la stampa tende a sbiadire nel tempo. Inoltre la risoluzione è bassa e non c’è possibilità di riprodurre il colore. Questa tecnologia oggi è ancora impiegata nei registratori di cassa, bilance e parchimetri.
2. Thermal Transfer, stampa a trasferimento termico (o Thermal-wax). Fra la testina e la carta è presente un nastro con un sottile strato di cera sulla superficie, a contatto con la carta. La testina scorre sul nastro e lo scalda in un insieme di punti selettivi; la cera si fonde e si solidifica sulla carta. Si usa la carta normale ed è anche possibile realizzare il colore ripetendo la stampa della pagina con 4 nastri nei 4 colori base. Si ottengono colori vividi, ma con bassa risoluzione. Questa tecnologia è poco diffusa a causa dell’alto costo dei nastri di cera.
3. Dye Diffusion / Sublimation, stampa a sublimazione. Il principio di base è simile a quello thermal-transfer: 4 diverse pellicole, con una sostanza colorante (nero, ciano, magenta, giallo), sono poste tra la carta e la testina che produce un forte calore; la sostanza colorante solida diventa gassosa (processo di sublimazione) e macchia la carta speciale. I costi sono elevati, anche per l’uso della carta speciale. Poco usata in passato, recentemente è stata rivalutata per la stampa fotografica digitale.
La tecnologia elettrofotografica
La tecnologia elettrofotografica, usata diffusamente nelle fotocopiatrici, deriva direttamente dalla xerografia, processo di stampa a secco basato sul principio della fotoconduttività.
Il cuore del processo elettrofotografico è il tamburo fotoconduttore, ricoperto da uno strato isolante che diventa conduttore nei punti in cui viene illuminato.
Il tamburo viene caricato elettrostaticamente e poi colpito in modo selettivo da un raggio di luce. I punti illuminati perdono parte della loro carica in funzione dell’intensità di illuminazione, formando un’immagine elettrostatica, copia del testo o della figura da stampare. Il trasferimento dell’immagine sul foglio di carta avviene grazie al toner, una fine polvere secca di materiali sintetici e pigmenti. Quando il tamburo viene a contatto con il foglio, il toner è attratto sulla carta dalle zone cariche del tamburo.
Con il successivo processo di fissaggio il foglio passa sotto un rullo riscaldato che fonde il toner, facendolo aderire alla carta, e stabilizza l’immagine stampata.
Le stampanti laser
Nell’ambito della tecnologia elettrofotografica l’esposizione alla luce del materiale fotoconduttore può avvenire con diverse modalità. La più diffusa è basata sulla tecnologia laser, che utilizza un sottile raggio laser modulato con precisione. La tecnologia LED (Light Emitting Diode), invece, ricorre a una matrice di LED disposti per tutta la larghezza di una pagina e in numero uguale al numero di pixel da stampare. I LED, attivati in maniera selettiva per creare l’immagine sul tamburo, consentono una risoluzione massima inferiore al laser.
L’introduzione delle stampanti laser a partire dai primi anni ‘70, segna un’evoluzione importante nel settore, perché offre alta qualità di stampa, velocità e facilità di ottenere a costi competitivi più copie originali di un documento. Sono “stampanti di pagina” perché prevedono l’elaborazione di tutto il contenuto della pagina prima della stampa vera e propria. L’immagine sul foglio è composta da singoli punti molto piccoli, quasi invisibili, grazie al raggio laser che può essere molto sottile; il risultato è ottimo per qualsiasi tipo di carattere o di grafico.
Ripetendo il processo d’impressione del materiale fotoconduttore per i quattro colori base della quadricromia si ottiene la stampa a colori. I costi, però, sono elevati.
Le stampanti laser sono molto diffuse, soprattutto nel mercato business: il costo della stampante è relativamente alto, rispetto all’inkjet, ma è almeno in parte compensato da un minore costo di gestione (toner e ricambi) e maggiore velocità e durata.
La tecnologia a getto d’inchiostro
La tecnologia a getto d’inchiostro, o inkjet, ha avuto uno straordinario successo nel personal printing e lascia intravedere interessanti possibilità di sviluppo anche in settori diversi da quello della stampa.
Questa tecnologia utilizza un inchiostro liquido che viene “sparato” in piccolissime gocce sul foglio di carta, e più in generale su diverse superfici di stampa. Il congegno di stampa è formato da un serbatoio per l’inchiostro e una testina con numerosi ugelli da cui le gocce di inchiostro fuoriescono secondo diverse modalità:
1. getto continuo: il getto d’inchiostro fuoriesce in maniera continua ed è interrotto a intervalli regolari da un disturbo elettromagnetico che consente di selezionare le gocce necessarie per la stampa rispetto alle altre che vengono dirottate verso un serbatoio di recupero. E’ un metodo costoso, raramente utilizzato nel personal printing; serve stampe di grandi dimensioni o su superfici non piane.
2. getto a richiesta (on demand): la fuoriuscita delle gocce d’inchiostro avviene in modo selettivo e può essere provocata con il ricorso a due principali tecnologie:
a. piezoelettrica: usa un elemento piezoelettrico che sollecitato elettricamente si flette, comprime l’inchiostro contenuto nelle microcamere e ne provoca l’espulsione in singole gocce;
b. termica o bubble inkjet: usa delle resistenze elettriche che generano una bolla di vapore, creando una pressione all’interno delle microcamere tale da “sparare” le gocce sul supporto da stampare. La testina di stampa e il meccanismo che la governa richiedono un’estrema miniaturizzazione e precisione proprie della tecnologia dei semiconduttori (per maggiori dettagli si veda l’allegato).
I primi sviluppi della tecnologia piezoelettrica risalgono agli inizi degli anni ’70, mentre le prime ricerche sulla tecnologia termica inkjet iniziano nel 1977 nei laboratori della Canon, e l’anno successivo in quelli HP. Il primo modello commerciale di stampante che usa questa tecnologia, oggi molto più diffusa della piezoelettrica, arriva sul mercato nel 1984 con la serie Thinkjet di HP; nel 1987 esce la prima stampante inkjet a colori, l’HP Paintjet.
L’inkjet ha riscosso grande interesse (e investimenti) perché offre una soluzione di stampa molto valida in termini di costi, qualità, flessibilità, tanto che è divenuta la più importante per il mercato di massa. Inoltre consente ottime stampe a colori; nei modelli di stampanti inkjet più usati sono presenti 2 cartucce intercambiabili, una dedicata al nero e l’altra ai 3 colori (giallo, magenta, ciano).
Nelle più recenti stampanti utilizzate per riproduzioni fotografiche si ricorre a 2 testine che usano 6 colori, ottenendo stampe con elevata fedeltà dei colori (una stampa 10x15 cm richiede però circa un minuto).
L'inkjet è comunque una tecnologia complessa e agli inizi del XXI secolo solo 5 o 6 aziende, tra cui Olivetti, erano in grado di padroneggiarla in tutti i suoi diversi aspetti. Ciononostante nel 2014 l'Olivetti, penalizzata dal suo modesto parco installato di stampanti inkjet e quindi da una domanda di testine di stampa non adeguata alle esigenze di saturazione dei costosi impianti di produzione, sarà costretta ad abbandonare lo sviluppo di questa tecnologia.