Lo stato dell'arte all'inizio del progetto della P101
All'inizio degli anni '60, l'immagine della tecnologia elettronica coincide con quella dei grandi e ingombranti calcolatori: interi armadi di componenti elettronici, memorie a nuclei, unità a nastro magnetico, lettori e perforatori di schede, stampanti ultra veloci, ambienti condizionati e gente in camice bianco.
L'Olivetti aveva iniziato la sua avventura elettronica nel 1952 aprendo un piccolo laboratorio di ricerca a New Canaan nel Connecticut in Usa; nel 1955 aveva avviato nel nuovo Laboratorio di Ricerche Elettroniche (LRE) aperto a Barbaricina (Pisa), poi trasferito a Borgolombardo (Milano), un progetto che nel 1959 aveva consentito di presentare l'Elea 9003, primo elaboratore realizzato in Italia.
Lo sviluppo dei grandi elaboratori richiedeva costosi investimenti e nel 1964 l'Olivetti decideva di cedere il 75% della sua Divisione Elettronica alla General Electric. L'uscita dalla grande elettronica non impediva alla Olivetti di conservare un piccolo gruppo di studio e progetto, affidato all'ingegner Pier Giorgio Perotto, per applicazioni che oggi si chiamerebbero di informatica distribuita.
Nella primavera del '62 Roberto Olivetti, responsabile dell'area elettronica dell'Olivetti, aveva incaricato Perotto di avviare lo studio di fattibilità di una macchina da calcolo elettronica, dotata della capacità di automatizzare la sequenza delle singole operazioni con cui si effettuavano i vari calcoli richiesti. Avrebbe dovuto essere alla portata di un utente generico, non esperto di elaborazione dati elettronica, e avere dimensioni comparabili con quelle delle macchine da calcolo meccaniche, tipicamente la Divisumma 24.
Iniziava così il progetto che avrebbe portato alla Programma 101, un computer da tavolo considerato l'antesignano del personal computer.
L'elemento cruciale: la memoria
Il primo punto essenziale da risolvere è la scelta della memoria della macchina, determinante ai fini del costo, ingombro e naturalmente della architettura logica interna.
La tecnologia corrente delle memorie a nuclei magnetici, da poco utilizzata nei grandi elaboratori, tra cui l'Elea 9003 dell'Olivetti, ha costi e dimensioni ancora eccessivi per un computer da tavolo. Rimane quindi l'alternativa delle memorie di passata generazione. La soluzione a prima vista è poco attraente, perché dà l'idea del prodotto obsoleto, ma nel caso delle memorie del tipo a linea magnetostrittiva (lms - si veda l'allegato approfondimento) è comunque interessante, in ragione sia della semplicità, sia delle competenze e capacità produttive già presenti in Olivetti.
Si opta perciò per questa soluzione. Il dispositivo adottato ha una capacità di memoria di 1920 bit corrispondenti a 240 caratteri di 8 bit; permette di contenere 3 registri operativi per le operazioni aritmetiche, 4-10 registri numerici di 11 cifre con virgola e segno, 2-5 registri di programma capaci di 48-120 istruzioni.
Lo standard circuitale
Mentre si lavora al progetto, tra il 1963 e il 1964 si afferma un'importante innovazione nei componenti elettronici: la tecnologia al silicio sostituisce rapidamente quella al germanio e nei laboratori Olivetti si mette a punto lo standard che utilizza il nuovo transistor 2N708 e i resistori per realizzare la funzione logica elementare Nor. I vantaggi sono evidenti: non è più necessario operare in un ambiente con temperatura controllata, aumenta sensibilmente l'affidabilità e la vita media dei componenti elettronici.
Sulla P101 viene adottato questo standard, con un paio di varianti che consentono una sensibile riduzione della dissipazione di calore e delle dimensioni del pacco elettronico.
Le unità di Input-Output
La ricerca di un stampante adeguata alla macchina in progetto all'inizio risulta problematica, ma poi la soluzione si trova quasi per caso, quando si scopre che un progettista della Olivetti, Franco Bretti, ha sviluppato di sua iniziativa una piccola stampante per un'applicazione ancora da inventare. La soluzione è concettualmente semplice, ma tecnologicamente raffinata: riproduce in piccolo il funzionamento delle stampanti a tamburo parallele ad alta velocità dei grandi calcolatori. Un carrellino mobile porta l'unico martelletto che viene "sparato" contro il rullo e stampa i caratteri sul rotolo di carta interposta.
Il dispositivo è l'ideale per la P101: è estremamente compatto, richiede un'elettronica di pilotaggio minima, stampa 30 caratteri per secondo contro i 12-15 dei prodotti meccanici esistenti.
Per l'introduzione dei dati e dei programmi si decide di ricorrere a una scheda magnetica (la cartolina) registrabile su entrambi i lati, ha una capacità pari alla metà della memoria della macchina (120 caratteri). La cartolina è l'elemento fisico con cui si realizzano archivi di dati e programmi, espandibili e aggiornabili con estrema facilità; sarà uno dei punti di forza della P101.
L'architettura logica e l'interfaccia con l'operatore
Due idee di fondo accompagnano costantemente lo sviluppo del progetto: la macchina deve costare poco ed essere facile da utilizzare.
Va ricordato che la modularità logica e fisica dei gruppi funzionali del progetto elettronico era un requisito nettamente contrastante con l'obiettivo di ottimizzazione dei costi del prodotto, che dipendevano in gran parte dal numero di funzioni elementari (transistor) utilizzate. Per contenere i costi della P101 il progetto logico viene quindi sviluppato in modo quasi monolitico, ricercando la massima integrazione funzionale a scapito della modularità e separazione dei gruppi funzionali. Il gruppo elettronico della P101 utilizza circa 670 transistor, montati in 8 piastre, più una contenente la memoria.
Per facilitare l'uso della macchina e consentire la costruzione di programmi applicativi anche da parte di utenti poco esperti, si pone molta cura nella definizione del set di istruzioni, che devono essere intuitive, poche e valide per un campo molto articolato di settori applicativi. In assenza di una qualsiasi soluzione di riferimento preesistente, si decide di partire dalle 4 operazioni aritmetiche e quindi di aggiungere delle semplicissime istruzioni di trasferimento dei dati e di salto. Vengono così definite 16 istruzioni molto semplici, quasi un "Basic" ante litteram!
Il linguaggio di programmazione coincide con il linguaggio macchina e non è richiesta alcuna funzione di "sistema operativo", un concetto ancora molto oscuro e vago nei primi anni '60.
Un successo sfruttato solo in parte
Questo, in rapida sintesi, è il contesto tecnico che ha permesso all'Olivetti di riscuotere un grandissimo quanto inatteso successo alla grande esposizione di prodotti per ufficio del BEMA a New York nell'ottobre del '65, e alla P101 di ricevere l'appellativo di "First World Desktop Computer".
Poteva essere l'inizio di una leadership indiscussa dell'Olivetti nel personal computing; ma il successo della P101 è stato gestito dall'azienda in modo contraddittorio. Ceduta la Divisione Elettronica alla General Electric, le risorse elettroniche in Olivetti erano quasi azzerate e non consentivano immediati sviluppi di ampio respiro.
Il bagaglio di conoscenze acquisito con la P101 venne trasferito in prodotti derivati, come la P203 (1967) utilizzata prevalentemente per applicazioni commerciali e ottenuta collegando una P101 alla macchina per scrivere Tekne 3, o come la Logos 328 (1968), la prima calcolatrice elettronica Olivetti che in pratica è una P101 senza il programma.
Il P602 e P603, diretti successori di P101 e P203, realizzati a circuiti integrati ma ancora con memoria a linea magnetostrittiva, arrivarono sul mercato tra il 1971 e il 1972, ma il loro ciclo di vita fu limitato dall'incalzante sviluppo della tecnologia e della concorrenza, così come avvenne per la P652 (1973), dotata di una nuova unità centrale sviluppata in Olivetti, che doveva affiancare verso l'alto la P602.
(liberamente tratto da un documento di Giovanni De Sandre; ha collaborato Gastone Garziera)