La presenza dell'Olivetti in Argentina risale al 1920, quando la società inizia ad operare nel paese attraverso una semplice rappresentanza commerciale affidata alla ditta Curetti & Cìa, con sede a Rosario. Nel 1929 la rappresentanza passa alla Agencia General Olivetti, di Bessone, Grondona & Cìa; l'Agencia ha sede a Buenos Aires, ma dispone di una succursale a Rosario e di alcuni agenti attivi in varie parti del paese. In seguito al positivo sviluppo delle vendite, già nel 1932 viene costituita la Olivetti Argentina, una nuova consociata articolata in varie filiali per coprire tutto il territorio.
Più tardi, nel 1951, l'attività in Argentina si amplia ulteriormente con l'avvio di una produzione in loco; a tal fine viene acquistato uno stabilimento a Ramos Mejìa nei pressi di Buenos Aires e qui si inizia a produrre la macchina per scrivere Lexikon 80. Nel 1953 Notizie Olivetti (n.9, di agosto-settembre) scrive che "le macchine prodotte sono identiche a quelle di Ivrea e tutto il complesso di attività della fabbrica e degli uffici è improntato allo spirito della fabbrica madre. Essa è stata presa come modello anche per quanto riguarda i servizi sociali, a cominciare dall'infermeria di fabbrica modernamente attrezzata". In seguito, l'attività dello stabilimento si estende alla produzione di macchine da calcolo.
Moduli rettangolari e travi cave nel progetto di Marco Zanuso
Lo sviluppo e il ruolo strategico del mercato argentino, tradizionalmente molto legato all'Italia, nel corso degli anni '50 inducono l'Olivetti a programmare la costruzione di un nuovo stabilimento con capacità produttiva più adeguata ai livelli richiesti dalla domanda. Viene individuata un'area nei pressi della città di Merlo, sempre nella provincia di Buenos Aires, e già nel 1954 Adriano Olivetti decide di affidare il progetto all'architetto Marco Zanuso.
Come nel caso di altri stabilimenti, il terreno acquistato ha una superficie (123.000 mq) molto superiore alle esigenze strettamente produttive della nuova fabbrica. Ciò è in parte motivato dalla volontà di offrire ai lavoratori spazi ariosi, aree verdi e varie strutture per i servizi sociali: una biblioteca, l'infermeria di fabbrica, la mensa, l'asilo nido e anche un piccolo quartiere di case per i dipendenti (quartiere che però non verrà mai realizzato). Inoltre, la dimensione del terreno deve essere sufficiente per consentire gli ampliamenti che in futuro si renderanno necessari per adeguare i volumi produttivi a una domanda che si valuta in costante crescita. All'architetto Zanuso viene chiesto fin dall'inizio di sviluppare il progetto in modo tale da rendere agevoli i successivi ampliamenti.
Zanuso adotta per la fabbrica di Merlo una soluzione basata su moduli rettangolari disposti secondo uno schema ortogonale in modo tale da poter ampliare la struttura, ove necessario, in ogni direzione.
Elemento chiave del progetto sono le grandi travi in cemento precompresso realizzate secondo la tecnica della trave cava, che, oltre a divenire un carattere architettonico distintivo dello stabilimento, agevola la sistemazione dei condotti idraulici ed elettrici e delle condotte d'aria per il riscaldamento e condizionamento degli ambienti. Le travi, infatti, hanno una sezione interna cava del diametro di 90 cm, idonea ad ospitare agevolmente vari tipi di condotti; la sezione esterna è completata da due ali a sbalzo di 1,20 cm su cui poggiano gli shed per l'illuminazione interna. Ogni trave è lunga 42 m e poggia su tre pilastri.
La disposizione dei volumi della costruzione è studiata in maniera tale da creare, nei limiti del possibile, interruzioni o movimentazioni degli ambienti di produzione e degli uffici: Zanuso ricorre a piccoli e grandi cortili interni, a zone verdi, pozzi di luce, ampie vetrate con visibilità sull'area verde, vari corpi staccati, ma distribuiti razionalmente, con l'obiettivo di rendere i luoghi del lavoro meno alienanti e dispersivi, più riposanti e integrati con l'ambiente esterno.
Una fabbrica nel verde
I lavori iniziano nel 1958; nel 1960 si conclude la costruzione del primo lotto e nel 1961 quella del secondo lotto; anche se alcuni elementi secondari del progetto verranno completati solo negli anni successivi, nello stabilimento può così iniziare l'attività produttiva.
La fabbrica inizialmente occupa una superficie coperta di oltre 31.000 mq, di cui 26.000 dedicati agli ambienti principali, il resto a passaggi e locali secondari. Dispone di un'officina di produzione rettangolare di 132 metri per 84, dove le varie unità produttive possono essere dislocate secondo un piano razionale; l'officina è collegata tramite un sottopassaggio di 12 metri con l'edificio dedicato al montaggio delle macchine (4.700 mq). Un'ala di questa costruzione è destinata alla scuola per gli apprendisti, con aule per le lezioni teoriche.
Non mancano, come in ogni fabbrica Olivetti, gli spazi per i servizi sociali e culturali: biblioteca, mensa, servizi sanitari, asilo nido, campi sportivi, trasporti per i dipendenti...
Gli uffici, collegati anch'essi all'officina di produzione, occupano 1.600 mq.
Un tocco di eleganza architettonica viene dall'ampia scalinata in granito grigio che dà accesso alla hall centrale, sulle cui pareti sono collocati dei rilievi murali realizzati in pietra di Finale Ligure dallo scultore Andrea Cascella.
La centrale termoelettrica e il deposito dell'acqua, poggiato su tre colonne a forma di H e alto 38 metri, sono costruzioni a parte, ma anche questi elementi sono progettati con particolare cura ed eleganza architettonica. La fabbrica è circondata da un'ampia area verde (80.000 mq di parco e giardini), in parte destinata ad essere utilizzata per gli ampliamenti.
All'inizio del 1963 nello stabilimento di Merlo lavorano 200 impiegati e 1.000 operai, impegnati a produrre macchine per scrivere, addizionatrici e calcolatrici, a mano ed elettriche, con una produzione mensile di circa 6.000 unità. Nel complesso i dipendenti della Olivetti Argentina sono 2.300 (nel 1953 erano 600); la rete commerciale si avvale di 16 filiali, 150 concessionari, 1.500 rivenditori.
I benefici del libero scambio e il duro impatto dell'elettronica
Lo sviluppo dello stabilimento di Merlo accelera nel corso degli anni '60, anche in seguito all'effetto della creazione - nel 1961 - dell'Associazione Latino Americana di Libero Commercio (ALALC), che mira a un maggiore e più equilibrato sviluppo dell'interscambio tra i paesi aderenti, con la prospettiva della riduzione o cancellazione dei dazi doganali all'interno dell'area. Nell'ambito dell'ALALC sono previsti degli Accordi di complementazione attraverso i quali in alcuni settori viene introdotta una specializzazione delle produzioni nei vari paesi, da attuarsi in modo da dare origine a flussi di interscambio bilanciati.
Anche l'Olivetti nel 1968 ottiene il riconoscimento di un accordo di complementazione per il settore dei prodotti per ufficio, in virtù del quale lo stabilimento argentino si specializza nella produzione di calcolatrici e macchine contabili meccaniche per tutta l'area ALALC; lo stabilimento brasiliano si dedica invece alla produzione delle macchine per scrivere professionali e della P101, quello messicano si concentra sulle portatili.
Grazie alla forte riduzione degli oneri doganali, il risultato di questo accordo è molto positivo, soprattutto per la consociata argentina: lo stabilimento di Merlo nel 1970-71 deve essere ampliato e l'occupazione aumenta in modo significativo. Ma la fase espansiva non ha lunga durata. La crisi mondiale degli anni '70 e la diffusione delle calcolatrici elettroniche rendono meno competitiva la produzione meccanica di Merlo. In particolare, con l'arrivo dell'elettronica altre localizzazioni produttive, soprattutto nell'Estremo Oriente, si rivelano più convenienti di quelle sudamericane e la produzione a Merlo deve essere drasticamente ridimensionata.
Nel 1979 l'Olivetti decide di chiudere lo stabilimento e lo cede alla Massalin y Celasco, produttrice di sigarette. Per qualche tempo ancora la società continuerà a produrre in Argentina solo i modesti volumi di calcolatrici meccaniche richiesti dal mercato locale.