Una stagione di grandi investimenti industriali
Nella seconda parte degli anni ’60 lo sviluppo sul mercato tedesco pone il problema di rinnovare e ampliare a Francoforte la sede della Deutsche Olivetti. Matura l’idea di un complesso completamente nuovo, giustificato, oltre cha dalla esigenza di maggiori spazi, dalla necessità, di rafforzare in un mercato tanto importante l’immagine di azienda moderna, che guarda al futuro e che tiene in grande considerazione sia la funzionalità che l’eleganza architettonica dei suoi luoghi di lavoro.
Il progetto della nuova sede tedesca si inserisce in una fase caratterizzata da numerose altre iniziative di costruzione o ampliamento di sedi e stabilimenti Olivetti nel mondo. Tra gli ultimi anni ’60 e i primi anni ’70 in Italia si completa il grande stabilimento di Scarmagno (TO), si progettano le nuove fabbriche di Crema e di Marcianise (CE), si amplia quella di Pozzuoli (NA), mentre a Ivrea si lavora a una nuova unità residenziale di minialloggi per dipendenti e a un articolato centro di servizi residenziali; in Giappone entra in funzione l’edificio di Kenzo Tange che ospita magazzini, scuole per meccanici, mensa e biblioteca; negli Stati Uniti Louis Kahn realizza il nuovo grande stabilimento di Harrisburg (Pennsylvania), mentre in Gran Bretagna si completa l’ampliamento e ristrutturazione del training centre di Haslemere (Surrey).
L’avvio del progetto
In Germania, sul finire del 1967, dopo un primo contatto con il borgomastro di Francoforte, l’Olivetti identifica un terreno situato nella zona sud della città, lungo la direttrice che porta all’aeroporto internazionale, nel sobborgo di Niederrad, dove sta sorgendo un moderno quartiere direzionale già occupato da alcune importanti imprese.
Trovato il terreno, per un’opera impegnativa come quella a cui pensa l’Olivetti, occorre trovare un grande progettista. I tempi per le decisioni, come ricorda Renzo Zorzi allora responsabile della Pubblicità e Stampa e del Disegno Industriale, sono strettissimi; il borgomastro in un primo tempo chiede di predisporre le linee generali del progetto entro un mese.
Fedele al principio che in ogni paese è meglio operare con chi meglio conosce l’ambiente e la cultura architettonica locale, Zorzi prende contatti con la scuola di Stoccarda, in quel momento la più avanzata nel campo dell’architettura moderna.
Ben presto la scelta cade su Egon Eiermann (1904-1970), prestigioso architetto e designer formatosi alla Technische Hochschule di Berlino. Costruzioni come la torre del Bundestag a Bonn, la chiesa dedicata alla memoria di Guglielmo I a Berlino, l’ambasciata tedesca a Washington, da tempo hanno dato a Eiermann una notorietà internazionale. Docente e preside della facoltà di architettura di Karlsruhe, ha realizzato numerosi progetti in ogni settore delle costruzioni, ma ha anche firmato il disegno di mobili, sedie, poltrone, lampade, abiti. Il suo stile si caratterizza per una continua ricerca e sperimentazione che, senza mai ripetersi, si ispira al grande movimento architettonico nato in Germania nel 1919 con la famosa Bauhaus e poi sviluppatosi con le opere di maestri come Gropius, Mies van der Rohe, Bayer e tanti altri.
Quando Zorzi gli propone l’incarico, Eiermann è immediatamente d’accordo, tanto che dichiara: “Era il sogno della mia vita poter lavorare con Olivetti!”. Grazie al prestigio del progettista e dell’azienda, il comune di Francoforte concede alcuni mesi in più per elaborare e presentare il progetto, che risulta alquanto complesso. Nel nuovo edificio, infatti, oltre agli uffici devono trovare posto anche unità residenziali per ospiti e personale di passaggio, un centro di formazione e addestramento, la mensa, il centro elettronico, una showroom e altri servizi.
La soluzione di Eiermann
Eiermann, ben supportato dalle strutture dell’Olivetti, opera con grande rapidità. A inizio ’68 presenta un progetto preliminare con due possibili soluzioni: la prima prevede edifici bassi a sviluppo orizzontale, la seconda un gruppo di costruzioni a sviluppo verticale e orizzontale. Viene prescelta quest’ultima che si presenta subito fortemente innovativa e qualificante e che si inserisce meglio nel panorama architettonico locale, facendo da contrappeso alla massa compatta dei vicini edifici di ICI e Nestlé. Nel maggio ’68 iniziano i lavori per la pianificazione esecutiva e verso la metà del ’69 si riesce ad avviare il cantiere dei lavori in muratura. I tempi di realizzazione sono abbastanza brevi e gli uffici possono essere occupati già verso la metà del 1972.
La nuova sede comprende due edifici a torre, uno per gli uffici e l’altro per gli alloggi, dalla forma caratteristica, inconfondibile. Si tratta, infatti, di torri a calice: uno "stelo" (o gambo) centrale di due piani, relativamente esile, regge i nove piani (sette nel secondo edificio) che formano il "calice". La struttura, che qualcuno ha voluto paragonare a quella di un grande silos per il grano, è in cemento armato dipinto di bianco, mentre i rivestimenti delle facciate e le balaustre sono in acciaio di colore grigio scuro. Le torri dispongono di scale di sicurezza inserite in una struttura esterna – quasi un pilastro di appoggio – che non incide sulla leggerezza complessiva delle costruzioni. Tutte le facciate sono provviste di tende esterne parasole in materiale plastico chiaro. Il tetto della torre adibita a scopi residenziali è adibito a terrazza-giardino.
Le due torri sono raccordate da un basso edificio orizzontale che, progettato nello stesso stile delle torri, ospita gli uffici, il centro di addestramento e gli altri servizi. Due passerelle agevolano la comunicazione tra i diversi corpi delle costruzioni, che nel loro insieme offrono circa 16 milioni di mq di superficie utile.
La luminosità e razionalità degli spazi interni, la funzionalità e l’eleganza delle strutture induce la stampa tedesca a definire la nuova sede Olivetti "una macchina per l’ufficio". Il progetto rientra pienamente in quello "stile Olivetti", affermatosi già negli anni ’50, che non si esprime solo attraverso il design dei prodotti e la comunicazione pubblicitaria, ma anche attraverso architetture industriali capaci di far coesistere funzionalità e bellezza formale e di arricchire – anziché degradare – il paesaggio. Uno stile intriso di cultura e di alto senso etico di responsabilità sociale che coinvolge ogni settore dell’attività aziendale.
Commentando la costruzione poco dopo la sua inaugurazione, la rivista francese L’architecture aujourd’hui scriveva: "L’edificio si stacca immediatamente dal noioso circondario per la sua eleganza, per la leggerezza, per la distribuzione dei volumi e per l’impiego molto felice delle tende parasole bianche accostate alla struttura d’acciaio grigio scuro". Era il riconoscimento di un’architettura di permanente valore culturale. Ma purtroppo l’autore dell’opera, Egon Eiermann, non poteva rallegrarsene: era morto già nel luglio del 1970, senza aver potuto vedere la completa realizzazione di uno dei suoi migliori progetti.
Per un quarto di secolo le torri a calice hanno ospitato gli uffici della consociata tedesca, ma nella seconda parte degli anni ’90 gli elevati costi di manutenzione, in presenza di una drastica riduzione del personale, hanno costretto l’Olivetti a cedere la bella sede di Francoforte