L’esigenza tipica degli ambienti amministrativi di elaborare dati, presentarli in un certo formato e integrarli all’interno di un testo scritto oggi è soddisfatta dal computer che senza difficoltà può svolgere contemporaneamente tutte queste funzioni.
Con la tecnologia meccanica, invece, il problema era molto più complesso; scrittura e calcolo richiedevano l’uso di macchine diverse. Bisognava allora pensare a una nuova categoria di prodotti capaci di integrare le due funzioni: le macchine contabili.
Macchine per scrivere che fanno calcoli…
In Olivetti i primi passi per produrre macchine contabili risalgono agli anni ’30, quando alcuni clienti segnalano l’esigenza di redigere documenti contabili in cui sia possibile inserire nell’ambito di un testo anche dei numeri - incolonnati o in tabella - ottenuti attraverso piccole elaborazioni. Nasce in questo modo l’idea di integrare un’addizionatrice in una macchina per scrivere, la M40.
Le prime contabili Olivetti, le Audit 41, 42, 51 e 52, escono tra il 1933 e il 1934; l’aspetto è quello di una macchina per scrivere, ma accanto alla tastiera alfabetica vi sono anche i tasti numerici che consentono di effettuare addizioni e sottrazioni. Le funzioni offerte sono modeste e nonostante i perfezionamenti introdotti all’inizio degli anni ’40 la diffusione di queste macchine resta limitata.
Verso la metà degli anni ’50 lo sviluppo delle contabili meccaniche segna una svolta. Si progettano macchine che dispongono di due o più totalizzatori, hanno vari automatismi (tabulazioni, somme e registrazioni orizzontali o verticali…), dispongono di programmi di lavoro predefiniti e riducono l’esigenza di trascrivere i dati da un documento all’altro.
Emergono chiaramente due diversi segmenti di prodotto/mercato: le contabili numeriche e quelle alfanumeriche. In Olivetti capostipite del primo segmento è la Audit 202, uscita nel 1955. Questa macchina non ha la tastiera alfabetica e si presenta come una calcolatrice (è derivata direttamente dalla Elettrosumma Duplex); è fornita di un carrello largo 45 centimetri con rullo diviso in due sezioni che consentono di stampare su fogli separati i dati per il libro giornale e quelli – ad esempio – per una scheda cliente.
Tra le contabili alfanumeriche il primo modello Olivetti è l’Audit 302, uscita nel 1956. Oltre a offrire le stesse prestazioni della Audit 202, consente di scrivere dei testi: il nome del cliente, la descrizione dell’operazione, le clausole commerciali, ecc. La stampa dei caratteri alfabetici non avviene mediante i tradizionali martelletti della macchina per scrivere, ma tramite 4 piccole ruote portacaratteri: la pressione su un tasto determina un movimento sincrono, lineare e rotativo, della ruota che viene spinta a imprimere il carattere nel punto voluto.
Una nuova generazione di contabili
Sul finire degli anni ‘50 le esigenze di elaborazione di documenti amministrativi e contabili crescono rapidamente e di pari passo con le esigenze di automazione e riduzione dei costi. Le Audit, in particolare la 302, sono quindi accolte dal mercato con molto interesse e l’Olivetti è incentivata a intensificare gli investimenti.
Nel 1959 l’offerta viene ampliata e migliorata; escono le Audit 402 (modello numerico) e 502 (alfanumerico), che affiancano e ben presto sostituiscono i precedenti modelli, offrendo maggiori prestazioni: stampa in rosso e nero, capacità di 12 cifre per l’impostazione dei numeri, memoria “statica” per riutilizzare automaticamente un numero già impostato, calcolo e scrittura nel movimento sia di andata che di ritorno del carrello, ecc.
La disponibilità di numerosi automatismi induce il marketing a presentare i nuovi modelli come “contabili superautomatiche”.
Insieme alle Audit 402 e 502 escono anche le Audit 413 e 513, con 3 totalizzatori e la possibilità di svolgere, contemporaneamente al lavoro contabile, anche rilevazioni statistiche.
L’elettronica si affaccia nel settore delle contabili
Tutte queste macchine sono inevitabilmente soggette ai limiti della tecnologia meccanica: limiti di flessibilità, automatismi, tempi di elaborazione, rumorosità. Ma proprio sul finire degli anni ’50 l’elettronica fa le sue prime incursioni nel settore delle contabili.
Nel 1959 l’Olivetti presenta vari modelli di macchine contabili numeriche e alfanumeriche, a 2 o 3 totalizzatori, integrate con perforatore di banda numerico o alfanumerico: sono le Audit 622, 623, 722, 723, 732 e 733. Queste macchine sono in grado, mentre soddisfano le esigenze contabili degli uffici periferici, di registrare automaticamente i dati su un nastro perforato; il nastro, grazie a un convertitore elettronico, viene trasformato in schede perforate, supporto leggibile da parte del calcolatore elettronico.
E’ una prima forma di integrazione tra la fase di rilevazione e quella di elaborazione elettronica dei dati. Nasce infatti un collegamento, non ancora fluido come in una rete locale di computer, tra le macchine contabili, che di fatto svolgono anche funzioni di data-entry, e il centro di elaborazione dati.
Ma l’elettronica contagia le macchine contabili anche in modo più diretto. Nel 1960 l’Olivetti presenta una fatturatrice – la Mercator 5000 – che incorpora una “unità moltiplicatrice elettronica”, con il risultato che la macchina non si limita come le precedenti alle addizioni e sottrazioni, ma può fare anche le moltiplicazioni.
La Mercator 5000, a cui segue la versione numerica Mercator 4000, nasce dalla collaborazione tra la progettazione meccanica del Centro Studi di Ivrea e il Laboratorio di Ricerche Elettroniche di Borgolombardo, che in quel momento ha appena concluso il lavoro sull’Elea 9003, primo calcolatore elettronico realizzato in Italia. Presentata come fatturatrice, la Mercator 5000 soddisfa anche le esigenze di contabilità generale e di magazzino, paghe, piani di ammortamento, operazioni bancarie; sono anche disponibili versioni che integrano nella macchina il perforatore di banda.
Dalle contabili ai computer
Il successo della Mercator e delle Audit è grandissimo, tanto che le contabili nel corso dei primi anni ’60 arrivano a rappresentare oltre il 20% del fatturato Olivetti. Il prezzo unitario di queste macchine è elevato (tra uno e tre milioni di lire dell’epoca), ma le vendite, sostenute da frequenti campagne pubblicitarie, vanno a gonfie vele.
Tra il 1964 e il 1965 la gamma dei prodotti viene rinnovata con vari modelli che offrono migliori prestazioni e adottano un diverso design, ma che non modificano sostanzialmente le tecnologie adottate.
Poco più tardi inizierà invece una vera migrazione delle macchine contabili verso l’elettronica e l’informatica: si progetteranno macchine che avranno tutte le caratteristiche dei piccoli sistemi informatici e che segneranno una netta discontinuità con il passato, mettendo fine all’epoca delle “macchine contabili”, termine che negli anni ’70 cadrà in disuso