Un piccolo spazio per progettare e sperimentare liberamente
Fin dalle sue origini, accanto alla produzione di macchine per ufficio l'Olivetti progetta e produce macchine utensili. Già in occasione dell'esposizione universale di Torino del 1911 nello stand Olivetti che presenta la M1, prima macchina per scrivere prodotta in Italia, sono esposte anche macchine utensili di precisione e attrezzature per gli stampi necessari alla produzione di parti e componenti della M1.
In questo modo l'Olivetti vuole sottolineare la serietà di un progetto che non si limita a sviluppare le macchine da vendere sul mercato, ma che studia e produce anche i macchinari necessari per costruirle. E' un approccio che per una piccola impresa di provincia comporta un impegno progettuale oneroso, ma è perfettamente coerente con la visione industriale di Camillo Olivetti.
Questi, trascinato dalla sua passione per il progetto e l'innovazione, mentre sviluppa la M1 disegna torni a motore, trapani a doppio albero, fresatrici, piccole rettificatrici che vengono poi impiegate nella linea di produzione della macchina per scrivere.
Negli anni '20 la crescita dell'impresa rende sempre più difficile per Camillo Olivetti progettare e controllare tutto e tutti come sarebbe nel suo stile dinamico e accentratore. Le dimensioni dell'impresa glielo impediscono; la gestione e l'organizzazione aziendale non possono più essere quelle dell'impresa familiare.
L'ingegnere decide allora di ritagliarsi un suo spazio, una piccola officina dove ritrovare il piacere (e la libertà) della ricerca e della sperimentazione. Bruno Caizzi, nel volume "Gli Olivetti" (Edizioni UTET, Torino, 1962) riporta la testimonianza di un collaboratore di Camillo Olivetti: "Un giorno l'ingegner Camillo mi fece chiamare e indicandomi dalla finestra un terreno subito al di là del bivio per Montenavale sul quale si potevano scorgere i primi segni di un cantiere edilizio mi disse: Questa fabbrica è già troppo grande per me, io non mi ci trovo più. Voglio costruirmi una piccola officina come quella dei miei inizi, in cui poter fare le mie esperienze di progettazione".
Questa idea ben presto prende corpo: negli stabilimenti che con l'espansione dell'impresa si vanno ingrandendo a Ivrea lungo la via Castellamonte (oggi via Jervis) Camillo Olivetti individua un piccolo salone con una mezza dozzina di torni, alcune fresatrici e banconi di lavoro: qui trasferisce sei collaboratori scelti tra i più esperti e fidati; per sé allestisce un semplice ufficio con una sedia sgangherata e un tavolo traballante tenuto in equilibrio con il supporto di un mattone... Nasce in questo modo nell'ottobre 1926 quella che in seguito diventerà la grande Officina Meccanica Olivetti (OMO).
Il piccolo reparto diventa un settore di business
All'inizio questa struttura, a mezza via tra un centro di ricerca e un piccolo reparto ausiliario di costruzioni speciali, si dedica in prevalenza a realizzare le attrezzature necessarie per le produzioni di serie dell'Olivetti, a fare verifiche su nuovi pezzi di macchine per scrivere o anche a costruire i primi esemplari dei nuovi modelli, come succede per le prime venti M40. Questo modello di macchina per scrivere, che sostituisce la M20, nasce nel 1930 dalla collaborazione tra Camillo Olivetti e Gino Martinoli. Ma prima di essere avviato alla produzione di serie, i tecnici della OMO montano i primi esemplari per verificarne il funzionamento e correggere eventuali piccoli difetti; allo stesso tempo si provvede a disegnare e realizzare le attrezzature necessarie per la produzione di serie.
Il ruolo della piccola officina si rivela prezioso e diviene sempre più importante: anno dopo anno occorre aumentare gli spazi a disposizione e accrescere il numero dei tecnici e degli operai che vi lavorano. Non solo: si ampliano anche le aree di competenza, tanto che l'officina diventa il luogo dove si conducono gli studi preliminari per sviluppare le prime macchine da calcolo Olivetti che entreranno in produzione nel 1940.
Una svolta importante si verifica verso la metà degli anni '30. L'esperienza accumulata dal personale e la grande passione progettuale dell'ingegner Camillo spingono la OMO verso la progettazione e costruzione di macchine utensili. Allo stesso tempo (1936) l'officina acquisisce il carattere di struttura indipendente, ben distinta dagli altri settori dell'Olivetti.
La prima macchina utensile realizzata dalla OMO è il trapano sensitivo TS1 (1936) a cui segue la FP0 (1937), fresatrice-pialla particolarmente robusta e rigida, idonea per lavori pesanti nelle grandi produzioni, ideata dallo stesso Camillo Olivetti. Negli anni seguenti l'offerta si sviluppa e si amplia con vari modelli di trapani, fresatrici e rettificatrici di alta qualità. Tra le macchine progettate in quegli anni l'ingegner Mario Vialli in un articolo di "Notizie Olivetti" (n. 75, luglio 1962) ricorda la FP2, fresatrice-pialla derivata dalla FP0 e rimasta in produzione dal 1939 al 1950; il trapano multiplo automatico TMV1 (1938); la rettificatrice universale R3, considerata la macchina di maggior impegno di quel periodo, anche per l'originalità del progetto.
Nello sviluppare queste macchine i progettisti non dimenticano una delle caratteristiche dei prodotti Olivetti e il design risulta sempre molto curato.
Progettare e produrre per un mercato di grandi clienti
Con la progettazione di macchine utensili il piccolo reparto di costruzioni speciali diventa uno specifico settore di attività dell'impresa e con il passare degli anni anche una vera e propria linea di business autonoma, rivolta al mercato esterno.
Gli anni del dopoguerra sono molto difficili per la OMO: la produzione di macchine per ufficio Olivetti stenta a ripartire; la tecnologia di produzione cambia e con essa le esigenze dei clienti che non si accontentano più di macchine utensili generiche, ma richiedono macchine in certa misura "personalizzate", adattate cioè alle specifiche esigenze delle loro linee produttive. Ma negli anni '50 la OMO riprende a crescere rapidamente, trascinata dalla domanda proveniente dall'interno e legata ai tanti nuovi modelli di macchine per scrivere e di calcolatrici che l'Olivetti con grande successo lancia sul mercato.
Allo stesso tempo la OMO si adegua alle esigenze dei suoi clienti e punta allo sviluppo di macchine utensili specializzate, molto richieste soprattutto nei settori con importanti produzioni di massa. Nella ricerca di sempre maggiore automazione, progetta anche macchine transfer, composte da diverse stazioni di lavorazione, con il trasporto automatico di un pezzo da una stazione all'altra.
La gamma dell'offerta si espande rapidamente e la OMO diventa apprezzato fornitore di Fiat, Necchi, Piaggio, Brown Boveri, Renault e tante altre società italiane e straniere.
L'intenso sviluppo dell'attività induce l'Olivetti ad avviare nel 1955 la costruzione di un nuovo stabilimento per accogliere le centinaia di lavoratori impegnati nella costruzione di macchine utensili. Il progetto, affidato a Eduardo Vittoria, viene realizzato a San Bernardo d'Ivrea.
Gli accresciuti volumi produttivi di macchine per ufficio e il frequente rinnovo dei modelli, intensificano i rapporti tra la OMO e le officine di attrezzaggio dell'Olivetti, tanto che nel 1961 le due strutture si fondono e danno vita alla divisione Produzione Macchine Attrezzi.
Seppure maggiormente integrata nella struttura organizzativa dell'azienda, la divisione non cessa di prestare attenzione agli sviluppi del mercato esterno, influenzato dalla rapida evoluzione della tecnologia delle macchine utensili. In particolare il connubio tra elettronica e meccanica spinge verso lo sviluppo di un nuovo tipo di macchine: macchine a controllo numerico, capaci di soddisfare le crescenti esigenze di programmazione e di automazione delle lavorazioni. Dopo aver realizzato i primi prototipi di queste macchine alla fine degli anni '50, a partire dal 1967 l'Olivetti abbandonerà la produzione di macchine utensili tradizionali per concentrarsi solamente sul controllo numerico.
Fin dal 1957 la OMO, sfruttando le competenze acquisite dall'Olivetti in campo elettronico, aveva avviato studi per l'applicazione del controllo numerico alle macchine utensili. Nel giro di un paio d'anni erano usciti i primi prototipi di macchine con unità di governo punto a punto. Nel 1963, con l'arrivo sul mercato della FP9 CN, fresatrice-pialla a controllo numerico, maturano le condizioni per una svolta che si concretizza nel 1967, quando l'Olivetti decide di abbandonare la produzione di macchine utensili tradizionali per concentrarsi solamente sul controllo numerico.
Videogallery
Una macchina: un'officina (1963, 27' 42")
Filmato della "playlist Olivetti" pubblicata su Youtube dall'Archivio Nazionale del Cinema d'Impresa,
a cui l'Associazione Archivio Storico Olivetti ha affidato la conservazione delle sue pellicole storiche.
Al termine del filmato la visione prosegue in modo automatico con i successivi titoli della playlist