Le ragioni che spingono AT&T a ricercare un partner
Nell’agosto 1982, dopo un’azione legale promossa dalla MCI Corporation, l’AT&T, che gestisce in condizioni di sostanziale monopolio i servizi di telecomunicazione degli Stati Uniti, viene a patti con l’antitrust. L’accordo raggiunto, noto come “Modification of Final Judgement” emesso dal giudice Harold Greene, pone fine al monopolio: da AT&T vengono scorporati gli operatori telefonici locali e si costituiscono 7 società regionali (le cosiddette “Baby Bells”) che dal 1° gennaio 1984 gestiranno le reti locali. A AT&T resta la gestione delle comunicazioni long distance, ma come compensazione la società ottiene di poter investire anche in settori diversi dalle telecomunicazioni.
In un mercato che diventa concorrenziale l’AT&T deve anche confrontarsi con la sfida della digitalizzazione che all’inizio degli anni ’80 rende sempre più attuale il tema della convergenza tecnologica tra telecomunicazioni e informatica. IBM per cavalcare questo trend nel 1984 acquista la Rolm Corp., una dinamica società californiana di prodotti e apparati di telecomunicazione. A sua volta l’AT&T, che oltre a gestire la rete e i servizi long distance è anche il maggior produttore di apparati di telecomunicazione e ha già sviluppato innovative soluzioni per le reti telematiche, guarda con molto interesse al mondo dell’informatica. Non solo: per AT&T è anche urgente la necessità di uscire dai confini del mercato USA e crescere in Europa.
Perché l’Olivetti si interessa all’AT&T
Dal canto suo l’Olivetti deve trovare un partner alternativo alla Saint-Gobain. I francesi sono entrati nel capitale Olivetti nel 1980 in seguito ad un accordo strategico e a un progetto industriale e nell’aprile 1981 la loro quota azionaria, detenuta anche attraverso la controllata Compagnie des Machines Bull, sfiora il 30%; ma dopo la nazionalizzazione decisa dal governo francese, la Saint-Gobain non può restare un azionista di rilievo.
Allo stesso tempo, l’Olivetti è alla ricerca di una soluzione che le consenta di operare con successo sul più competitivo e ricco mercato informatico del mondo. Da tempo i conti della consociata americana sono in rosso e la ricerca di un grande partner locale sembra la strategia migliore per riequilibrare i conti e rafforzare la posizione di mercato.
L’amministratore delegato Carlo De Benedetti – come ricorda Elserino Piol nel suo libro Il sogno di un’impresa (Ed. Il Sole 24 Ore, 2004) – in una riunione del 1982 indica le caratteristiche che dovrà avere il nuovo partner: grandi dimensioni, alto livello tecnologico, solida posizione finanziaria, complementarietà con l’Olivetti in termini di aree di business e presenza sui mercati. Praticamente è l’identikit dell’AT&T di quegli anni.
A Piol, responsabile per le strategie e lo sviluppo, De Benedetti affida il delicato incarico di sondare gli americani e di proporre un’alleanza strategica. Inizia così una lunga e difficile trattativa con l’AT&T, che in quel momento è la più grande (e ricca) società di telecomunicazioni del mondo.
La trattativa
Nonostante i frequenti incontri di manager delle due società negli Stati Uniti e in Italia, la trattativa è condotta con molta riservatezza. AT&T, che ha in corso contatti anche con la Philips, propone di investire in una società creata mediante spin-off delle attività Olivetti di maggior interesse per AT&T. L’Olivetti boccia la proposta e la trattativa rischia di saltare. Ma i legami vengono riannodati, anche perché l’alternativa Philips sta sfumando e l’AT&T ha urgente bisogno di crescere anche al di fuori del settore telecom e del mercato americano. De Benedetti e Piol riescono a far ripartire la discussione partendo da uno schema così congegnato: AT&T tramite un aumento di capitale riservato acquista un 25% del capitale Olivetti, la gestione resta al management Olivetti, AT&T avrà una presenza adeguata nel Consiglio d’Amministrazione, ma l’amministratore delegato resta Carlo De Benedetti; in parallelo, un accordo tecnico-commerciale deve definire le modalità per rafforzare l’offerta e la presenza delle due società sui mercati internazionali.
La trattativa prosegue quindi su due binari ben distinti. Da una parte i problemi finanziari e azionari: la definizione del numero e del prezzo delle azioni, le clausole per il recesso e le condizioni alle quali l’AT&T può aumentare l’investimento. Dall’altra parte le modalità della collaborazione tecnologica e l’individuazione delle forniture reciproche di prodotti, con l’indicazione delle quantità e dei mercati su cui consentire la commercializzazione.
Il gran numero di enti e manager dell’AT&T coinvolti contribuisce ad allungare i tempi della trattativa, ma finalmente nell’agosto 1983 un memorandum of understanding sembra raccogliere il consenso di entrambe le parti. Emergono ancora impreviste difficoltà, ma a dicembre i CEO delle due società, Carlo De Benedetti e Charles Brown, possono finalmente sottoscrivere il memorandum. Il 21 dicembre, alla vigilia dello smembramento (divestiture) di AT&T un comunicato congiunto annuncia l’intesa.
Un’alleanza strategica
L’accordo prevede che AT&T sottoscriva 100 milioni di azioni Olivetti (pari a circa il 25% del capitale con diritto di voto risultante dopo la sottoscrizione) attraverso un aumento di capitale riservato, per un valore di circa 430 miliardi di lire; di fatto ogni azione è valutata 4.300 lire, contro le 2.000 lire circa delle quotazioni di inizio ‘83. Per 4 anni la quota di AT&T in Olivetti non potrà superare il 25%, ma in seguito potrà salire fino al 40%.
Queste condizioni sono approvate dall’Assemblea degli Azionisti Olivetti il 14 marzo 1984 e in aprile AT&T sottoscrive l’aumento: è il maggiore investimento fino allora effettuato da una società estera in Italia.
Sul piano tecnico-commerciale l’accordo prevede che l’Olivetti distribuisca in Europa i prodotti dell’AT&T, mentre l’AT&T si impegna ad acquistare e rivendere negli USA prodotti Olivetti per un valore, nel 1984, di circa 250 miliardi di lire. Inoltre sono previste attività comuni per lo sviluppo di nuovi prodotti, scambi di licenze di fabbricazione, accesso ai laboratori di ricerca.
L’annuncio è clamoroso, per la dimensione dell’investimento e per le evidenti implicazioni strategiche per entrambe le società.
Per l’Olivetti è una svolta di grande valore: nell’immagine, nel prestigio sul mercato internazionale, nella possibilità di accedere a tecnologie avanzate, nell’acquisizione di una cultura sempre più internazionale, nel rafforzamento della presenza sul mercato americano che porta concreti vantaggi sul piano commerciale.
L’accordo, quasi contemporaneo alla presentazione del nuovo personal computer Olivetti M24, incide in modo rilevante sulla cultura e sull’economia dell’Azienda: segna l’inizio di una fase vissuta in Olivetti con grande entusiasmo e per qualche anno con eccellenti risultati.