Un computer sempre a disposizione, dovunque si vada, con tutti i dati e le informazioni utili per il lavoro quotidiano. Sul finire degli anni ’70, quando escono i primi PC, questa non è ancora un’esigenza che viene dal mercato, ma solo l’intuizione di qualche progettista che lavora intorno all’idea di un computer portatile (laptop o notebook).
Un primo risultato è il Grid Compass, presentato dalla Grid Systems Corp nel 1979; nel 1981 esce l’Osborne 1 realizzato dalla Osborne Computers, mentre nel 1982 la giapponese Epson con il suo HX-20 rivendica il merito di aver introdotto per prima un PC con la dimensione del notebook (formato A4). Questi prodotti, come altri che li seguono, non hanno la pretesa di fornire le prestazioni di un vero PC, ma avendo peso e dimensioni ridotte offrono il vantaggio della mobilità.
E’ l’inizio di un nuovo business: con i notebook, che gradualmente diventano capaci di offrire prestazioni e funzionalità simili a quelle di un desktop, nel mondo del lavoro la mobilità assume una nuova dimensione.
M10: il primo portatile Olivetti
L’Olivetti presenta il suo primo portatile, l’M10, nel 1983, a distanza di poco più di un anno dall’annuncio del primo desktop, l’M20.
Il mercato dei PC è in piena espansione, ma per i notebook la domanda è solo ai primi passi: i prezzi elevati e le prestazioni ancora limitate giustificano l’acquisto solo in pochi casi. L’M10 è comunque accolto con interesse dal mercato. Attrae il design, di Perry A. King e Antonio Macchi Cassia, premiato allo Smau del 1983, che riesce a far convivere una tastiera di dimensioni normali con un piccolo display a cristalli liquidi, orientabile verticalmente per migliorare la leggibilità. La memoria disponibile è irrisoria per gli standard di oggi, ma nel 1983 per un portatile di formato A4, spesso 6 centimetri e pesante 1,8 kg, è una dotazione di tutto rispetto.
La possibilità di collegare l’M10 con varie periferiche, dalla stampantina termica (MC10) al microplotter (PL10), dal modem per entrare in rete al registratore di cassette per aumentare le capacità di memoria, colpisce l’immaginazione dei potenziali utenti: prende corpo un’immagine nuova per il mondo del lavoro italiano, quella del posto di lavoro mobile o dell’ufficio da viaggio.
Ma per quanto l’M10 sia innovativo, il continuo progresso della microelettronica ne abbrevia il ciclo di vita. Nel 1984 l’Olivetti vende oltre 24mila M10 e conquista il 70% del mercato italiano dei PC portatili e il 22% di quello europeo; ma già nel 1985 le vendite iniziano a calare.
I “trasportabili”: a mezza strada tra desktop e notebook
Le dimensioni dell’M10, per i suoi tempi molto ridotte, ne limitano le prestazioni; perciò l’Olivetti decide di sviluppare una macchina più ingombrante, ma più potente. Nel 1984, insieme all’M24 che tra i desktop si appresta a rimpiazzare con grande successo l’M20, l’Olivetti presenta l’M21, una macchina compatta con un video da 9 pollici e una tastiera che si può richiudere come un coperchio sul video.
E’ il tentativo di entrare con un’elegante soluzione (anche l’M21 ottiene il premio Industrial Design allo Smau 1984) nel settore dei PC “trasportabili”, una categoria a mezza strada tra desktop e notebook.
Ma il progresso della miniaturizzazione elettronica è inarrestabile e consente di costruire macchine con sempre maggiori prestazioni e minore ingombro.
L’M22, presentato a Venezia nel febbraio 1986, di fatto prende il posto dell’M21; è più performante, agile ed elegante, ma ha un peso ancora superiore ai 7 Kg. Anche l’M15, presentato ad Hannover nel 1987, con i suoi 6 Kg resta lontano dalle dimensioni tipiche degli attuali notebook.
Un Quaderno sempre più piccolo
Dalla fine degli anni ‘80 il rinnovo della gamma dei portatili Olivetti, sollecitato dalle dinamiche della tecnologia e del mercato, diviene sempre più frequente.
La fiera di Hannover del 1989 è l’occasione per presentare l’M111 e l’M211, che l’anno successivo sno affiancati da versioni potenziate prodotte con piccole varianti dalla Triumph Adler (TA), storica azienda tedesca di cui l’Olivetti ha acquisito il controllo in seguito ad un accordo del 1986 con la Volkswagen.
Nel 1990 l’Olivetti assegna alla TA il compito di sviluppare una nuova linea di notebook, sfruttando anche una collaborazione con la giapponese Y-E Data.
Nel 1991 esce così Olivetti 1., una nuova linea formata da 2 laptop e 3 notebook che copre un’ampia gamma di prestazioni e applicazioni. Il salto di qualità è visibile: i notebook pesano meno di 3Kg, il mouse è integrato nella macchina, le prestazioni per quei tempi sono eccellenti, così come la modularità e la compatibilità offerta dai microprocessori Intel 286 e 386.
Le nuove macchine sono apprezzata per il design, le soluzioni tecnologiche e la varietà delle soluzioni offerte. Ma la produzione in Germania (Norimberga) si rivela costosa, proprio in un momento in cui dal sud-est asiatico arriva un’invasione di prodotti a basso prezzo; le produzioni europee non reggono la competizione e anche le vendite di Olivetti 1. si rivelano inferiori alle attese.
L’Olivetti affronta questa situazione aumentando gli investimenti e l’innovazione. Nel 1992 esce il Quaderno, un portatile di nuova concezione, estremamente compatto (ha formato A5, pari a mezzo A4), progettato da Ugo Carena e disegnato da Mario Bellini e Hagai Shvadron. Con questa macchina l’Olivetti inaugura la categoria dei “subnotebook”. Nei primi mesi il prezzo (inizialmente di 1,35 milioni di lire) e alcune limitazioni applicative ne frenano le vendite, ma la successiva versione potenziata del 1993 – il Quaderno 33 – diviene in certi ambienti un oggetto cult, molto ambito, come nella storia di tanti prodotti Olivetti, nonostante il prezzo di 3,4 milioni di lire.
Il peso del conto economico
Nel 1993 una nuova elegante linea di notebook, i Philos disegnati da Michele De Lucchi, contribuisce a ravvivare l’offerta Olivetti. Con il Quaderno e i Philos le vendite di portatili Olivetti in Europa arrivano a circa 27mila pezzi nel 1993 e raddoppiano l’anno successivo, quando la quota di mercato europea raggiunge un massimo del 14% circa.
La progressiva standardizzazione della tecnologia PC produce i suoi effetti anche nel campo dei notebook. Gli spazi per sostanziali innovazioni si riducono; le barriere all’ingresso si abbassano, cresce il numero dei semplici assemblatori. I prezzi continuano a scendere, così come i margini unitari.
Nel 1994 una nuova linea di notebook, gli Echos, si affianca e poi sostituisce i Philos. Anche gli Echos, che per la prima volta offrono l’opzione di una carrozzeria colorata (rosso mattone), sono disegnati da Michele De Lucchi e riscuotono molti consensi.
Ma anche se i modelli si succedono con crescente frequenza e buon successo di mercato, l’equilibrio economico di questo business diventa sempre più precario, tanto che nel 1997 le esigenze del conto economico forzeranno l’Olivetti a cedere il settore PC, abbandonando le relative attività di progettazione e produzione.
A partire dal 1997, per molti anni l'Olivetti mantiene comunque una presenza commerciale nel settore dei PC desktop facendo affidamento su prodotti sviluppati da terzi.
Nel 2010 si assiste a un ritorno dell'Azienda nel settore del personal computing portatile, con un approccio non più orientato alla produzione di massa dell'hardware, ma piuttosto all'offerta di servizi. I nuovi modelli di notebook (Olibook S1300, S1500, S1550) e di netbook (Olibook M1025), sviluppati in accordo con Intel e Microsoft, sono indirizzati sia alla clientela consumer (tramite i canali di vendita Telecom Italia), sia a quella professionale e alle PMI (tramite i canali Olivetti). La nuova gamma di prodotti fa leva su design ed è presentata al mercato come veicolo innovativo per l'offerta di una vasta gamma di soluzioni software e di servizi, a cominciare da quelli per la sicurezza dei dati. Ma l'operazione non porta ai risultati economici sperati e nel 2015 l'Olivetti abbandona nuovamente l'offerta di hardware PC.