Qualcosa di inconfondibile: lo “stile Olivetti”
“Dobbiamo far bene le cose e farlo sapere”. Con queste parole Adriano Olivetti intendeva che l’impresa, oltre a ricercare l’eccellenza in tutte le attività, deve anche saper comunicare i suoi valori e costruire un’immagine che sia l’espressione veritiera della realtà aziendale.
L’impresa può comunicare con il design di un prodotto, con l'architettura di una fabbrica, l’arredo di un negozio, la grafica di un poster, il testo o il disegno di una pubblicità…
La bellezza dei prodotti, degli edifici, dei poster o dei messaggi pubblicitari nella tradizionale cultura Olivetti non ha un valore solo formale: la bellezza della forma comunica la realtà dell’azienda e perciò ha un valore sostanziale. Le scelte estetiche in tutte le aree di attività sono considerate importanti quanto le scelte tecnologiche o gestionali.
Lo “stile Olivetti” nasce da questa cultura che permea ogni fase della vita aziendale, ma che affida al prodotto e al suo design un ruolo centrale.
Quando in Italia ancora non esistono scuole per il design industriale, in Olivetti i designer sono già al lavoro. Designer che non si limitano a ricercare “un bel vestito” per una nuova macchina, ma che lavorano a stretto contatto con i progettisti per dare un senso e una giustificazione a ogni forma dal punto di vista comunicativo, funzionale, ergonomico.
Ai designer si chiede di disegnare forme capaci di comunicare in modo immediato la funzione del prodotto; di facilitarne l’uso e di mettere l’utilizzatore a proprio agio, eliminando tutto ciò che è superfluo o ambiguo; di esprimere il carattere tecnologico del prodotto attraverso forme coerenti con lo stile e i valori del suo tempo.
Il design delle macchine per ufficio meccaniche
L’aspetto estetico dei prodotti era considerato molto importante già dal fondatore Camillo Olivetti, che nel 1912 scriveva: “la macchina per scrivere non deve essere un gingillo da salotto, con ornamenti di gusto discutibile, ma deve avere un aspetto serio ed elegante nello stesso tempo”.
Negli anni ’30, con Adriano Olivetti, il design e la comunicazione acquistano un posto più rilevante ed esplicito nella gestione della Società.
Adriano chiama in Olivetti scrittori, architetti, grafici e artisti che portano nuove idee e partecipano con larga autonomia a gruppi di lavoro interdisciplinari.
I segni del cambiamento sono già visibili nella MP1 (1932), una portatile che abbandona la forma monumentale delle prime macchina per scrivere per adottare una forma più appiattita e leggera. Con la Studio 42 (1935) la stretta collaborazione tra progettisti e designer inizia fin dalle prime fasi del progetto; si inaugura così un metodo di lavoro che verrà mantenuto anche in seguito.
Negli anni ’50 l’eccellenza della tecnologia e del design consentono ai prodotti Olivetti di ottenere grandi successi sui mercati internazionali.
Un ruolo primario è svolto da Marcello Nizzoli, architetto eclettico con una forte propensione alla comunicazione, che fin dal 1938 ha uno stretto rapporto di collaborazione con l’Olivetti. I prodotti di Nizzoli sono disegnati con uno stile improntato a una continua ricerca della massima funzionalità e sincerità espressiva; tra gli altri si ricordano le calcolatrici MC4 Summa (1940), Divisumma 24 e Tetractys (1956); le macchine per scrivere Lexikon 80 (1948) e Lettera 22 (1950).
In particolare la Lexikon 80 rappresenta un punto di riferimento nella storia internazionale del design per le soluzioni rivoluzionarie adottate che integrano innovazione tecnologica ed eccellenza formale: i due pezzi del coperchio e della copertura combaciano perfettamente con linee morbide, realizzate grazie al nuovo processo di pressofusione, per cui la carrozzeria può essere studiata come un unico involucro da modellare. Anche la Lettera 22 entra molto presto nel mito della storia Olivetti.
Questa continua ricerca nel campo del design ottiene numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali. Il Museum of Modern Art (MOMA) di New York nel 1952 organizza per la prima volta una mostra di prodotti industriali e la dedica a “Olivetti: design in industry”. Dalla Lexikon 80 in poi sono una decina i prodotti Olivetti che entreranno a far parte delle collezioni permanenti del MOMA.
Nel design delle macchine per scrivere elettriche la Praxis 48 (1963), disegnata da Ettore Sottsass, segna una svolta: la linea più squadrata sottolinea il valore tecnologico di uno strumento di lavoro, mentre la soluzione formale della tastiera a mensola rispetto alla scatola del corpo è frutto delle notevoli possibilità tecniche ed estetiche offerte dal sistema elettrico.
Ben diversa è la soluzione che Sottsass propone per la Valentine (1969), la portatile rosso fuoco definita dal poeta Giovanni Giudici “una Lettera 32 travestita da sessantottina”. E’ il primo esempio di un prodotto per ufficio anticonformista e sorprendente, che precorre l’evoluzione del mondo del lavoro verso uno stile più informale.
Con l’elettronica innovazione di prodotto e di design
Con l’avvento dell’elettronica anche il lavoro del designer subisce dei cambiamenti: se con le macchine meccaniche la carrozzeria era la copertura di un meccanismo complesso (es. la Divisumma era costituita da 2000 pezzi di meccanica fine), con quelle elettroniche la libertà per il designer è maggiore, poiché i pezzi possono essere composti in maniera più libera. La sua funzione diventa realmente progettuale: tocca al designer trovare forme e soluzioni ergonomiche che soddisfino le attese e le esigenze del cliente.
L’era dei prodotti elettronici si apre con l’Elea 9003 (1959), il primo grande elaboratore realizzato in Italia. Innovazione del prodotto e innovazione del design: Ettore Sottsass per soddisfare le esigenze di modularità e combinabilità di questo sistema complesso ricorre a una brillante soluzione di cablaggio aereo delle varie unità di elaborazione.
La piccola elettronica Olivetti si inaugura con la Programma 101 (1965), il calcolatore da tavolo disegnato con grande eleganza e funzionalità da Mario Bellini. I modelli seguenti della stessa serie e il sistema per la raccolta dei dati TCV 250 (1967) presentano linee continue date da una membrana elastica che si tende sui diversi volumi.
Il 1973 è un anno di particolare innovazione nel design delle calcolatrici elettroniche, con la Divisumma 18 e la Logos 68, entrambe disegnate da Bellini. Per differenziarsi da altri prodotti anonimi, queste calcolatrici puntano su forme nuove: una particolare sezione triangolare per la Logos; l’insolito rivestimento in materiale gommoso, morbido al tatto, per la Divisumma.
Negli anni ’80, con la crescente standardizzazione tecnologica dei prodotti, il design assume un ruolo ancora più vitale nella strategia aziendale: il design diventa mezzo di distinzione e garanzia dell’eccellenza del prodotto.
Sul mercato la novità sono i personal computer. Per il primo PC Olivetti, l’M20 del 1982, lo studio Sottsass adotta una soluzione che integra tastiera, unità centrale e video in un unico corpo. Ma nei modelli successivi il design Olivetti deve piegarsi all’esigenza di componibilità dei PC, che impone la separazione dei tre componenti base.
Nel campo dei notebook il design Olivetti dedica particolare attenzione all’ergonomia, come nel caso dell’M10 (1983) di Perry A. King e Antonio Macchi Cassia, che offre un display a inclinazione variabile e tasti facilmente leggibili, e del Quaderno (1992) di Mario Bellini e Hagai Shvadron, il primo notebook in formato A5.
Negli anni ’90 la tradizione del design Olivetti è mantenuta viva da Michele De Lucchi, a cui si devono i notebook delle serie Philos (1992) ed Echos (1993), oltre a numerose stampanti, fax, copiatrici e altre macchine multifunzionali, in prevalenza con tecnologia inkjet.
Con De Lucchi il design Olivetti continua ad ottenere riconoscimenti, come testimoniano il Compasso d’oro assegnato alla stampante ArtJet 10 nel 2001 e l’IF Design Award attribuito al Cebit di Hannover nel 2000 a un prodotto multifunzionale, il JetLab 600.