In Olivetti gli anni Trenta sono contrassegnati da cambiamenti destinati ad influenzare largamente lo sviluppo dell’impresa, lo stile e la cultura aziendale.
Sono anni in cui Adriano Olivetti prende più decisamente in mano la guida dell’azienda paterna; si lavora allo sviluppo di nuovi settori di attività (macchine utensili, mobili per ufficio, telescriventi, macchine da calcolo); si ampliano e modernizzano gli impianti; si rafforza la presenza internazionale; nel principale settore di attività – le macchine per scrivere – l’offerta monoprodotto del decennio precedente (M20) si arricchisce con un nuovo modello professionale (M40 del 1930), una portatile (MP1 del 1932) e una compatta o semi-standard (Studio 42 del 1935); l’organizzazione scientifica del lavoro introdotta da Adriano Olivetti nella seconda parte degli anni Venti produce appieno i suoi effetti in termini di maggiore efficienza del ciclo produttivo; e – fatto di non secondaria importanza - dal 1931 con l’istituzione dell’Ufficio Pubblicità e Sviluppo, voluto da Adriano e affidato a Renato Zveteremich, la pubblicità assume un nuovo, importante ruolo.
La pubblicità intesa come arte
Nel 1958 la pubblicazione Olivetti 1908-1958, celebrativa dei primi cinquant’anni di vita dell’impresa, afferma: “La Olivetti è stata ed è anche questo: il luogo dove è possibile attribuire alla scelta di un colore per una copertina, di un aggettivo per uno slogan, di un profilato per uno stand o di una linea per la carrozzeria di una macchina un’importanza non troppo diversa da quella che si dà alla scelta di una soluzione meccanica, di un acciaio, di un procedimento di fusione”.
Con queste parole si voleva intendere che in Olivetti anche strutture aziendali incaricate della pubblicità o del design avevano una rilevanza non dissimile da quella di un reparto di produzione.
Qualche anno più tardi Renzo Zorzi sottolinea il carattere distintivo della pubblicità Olivetti che “nasce intorno al 1930, in coincidenza con il rinnovamento tecnico e organizzativo dell’azienda… Fin dagli inizi la pubblicità Olivetti si è richiamata alle più avanzate espressioni dell’arte contemporanea… era necessario trovare un linguaggio nuovo… si trattava, quindi, di un’azione di contenuto più culturale che tecnico, in cui l’oggetto della pubblicità non era tanto il prodotto, quanto il servizio che esso poteva realizzare”.
Costantino Nivola, ricordando il suo lavoro all’Ufficio Pubblicità negli anni 1936-38, scrive che Adriano Olivetti “esigeva che tutto l’aspetto visuale della Olivetti fosse fatto a livello artistico”.
Questo approccio comportava una svolta netta rispetto alle pubblicità ingenue della Olivetti degli anni Venti, generalmente affidate a cartellonisti con poche pretese artistiche. Ed era una svolta netta anche rispetto alla pubblicità di stampo americano, tecnicamente ineccepibile, ma utilizzata come strumento di seduzione e convincimento del pubblico ad ogni costo.
Ben diverso è lo stile raffinato, a volte sofisticato, della comunicazione pubblicitaria della Olivetti degli anni Trenta, fortemente influenzata dall’arte razionalista che si andava affermando in quegli anni.
Una svolta nella comunicazione pubblicitaria
La MP1 è prima macchina per scrivere portatile della Olivetti. Nasce da un’idea, contestata dal fondatore Camillo, di Adriano Olivetti e Gino Martinoli; idea che nel 1932 è trasformata in prodotto finito dal progetto meccanico di Riccardo Levi e dal design di Aldo e Adriano Magnelli.
Si può immaginare che tre anni più tardi la Studio 42 nasca dall’esigenza di colmare con un modello intermedio il forte divario di prezzo e funzionalità esistente tra la M40 e la MP1. Lo si intuisce anche dal testo – quasi uno slogan – ripetuto in varie pubblicità: “è una macchina da studio con la capacità di lavoro di una macchina da ufficio e l’elegante snellezza della portatile”.
Il progetto meccanico, affidato a Ottavio Luzzati, viene sviluppato fin dalle prime fasi in stretto contatto con architetti, grafici e designer incaricati di curare la forma e la comunicazione della Studio 42. Sono coinvolti gli architetti Luigi Figini e Gino Pollini e Xanti Schawinsky, a cui in seguito si affiancano per le prime comunicazioni pubblicitarie Costantino Nivola, Giovanni Pintori e Leonardo Sinisgalli.
La Studio 42 resta in produzione per 17 anni, fino al 1952, quando viene sostituita dalla Studio 44. Nonostante i tempi difficili della guerra e del primo dopoguerra, ha avuto un buon successo commerciale, ma oggi è ricordata anche per la comunicazione pubblicitaria che accompagna i primi anni di vita di questo modello.
Dopo i progressi già compiuti con la pubblicità della MP1, è con la Studio 42 che la grafica pubblicitaria della Olivetti compie un più deciso salto di qualità e segna una svolta nel modo di comunicare l’immagine di un’azienda e i suoi prodotti.
La rosa nel calamaio
Tra le numerose pubblicità riferite alla Studio 42 merita una menzione particolare il manifesto con Rosa nel calamaio, opera del 1938 di Sinisgalli, Nivola e Pintori. Un manifesto – che Pintori nel 1952 riprenderà per la Studio 44 – denso di significati simbolici; un’opera d’arte più che uno strumento pubblicitario.
Caterina Cristina Fiorentino, ricercatrice e docente presso l’Università di Napoli, così descrive questo manifesto: “…i calamai divengono portafiori e una rosa beve l’inchiostro da un calamaio su cui poggia un pennino in posizione di riposo, mentre i tre oggetti proiettano la loro ombra, in diagonale, su un sistema di assi cartesiani. Il fiore è il presente, vivo e caduco, il calamaio e il pennino sono il passato; oggetti non più in uso, ma non per questo da abbandonare o da riporre, mentre la nuova funzione di portafiori sta lì a ricordarci che è nel passato che troviamo ispirazione, conoscenza e grazia e, soprattutto, la possibilità di attualizzazione”.
Con altre parole, si potrebbe dire che il messaggio della “rosa nel calamaio” va molto al di là del riferimento a uno specifico prodotto; è un messaggio che ci ricorda come l’innovazione e la bellezza affondino le loro radici nel passato, ma siano al servizio delle esigenze dell’uomo di oggi. Un messaggio che ritornerà più volte nella comunicazione Olivetti per mostrare la continuità tra passato e presente, tra l’innovazione umanistica o artigianale del Rinascimento e quella tecnologica dell’industria del Novecento.
“Una campagna pubblicitaria”
Dietro questo modesto titolo si nasconde un’opera preziosa. Si tratta della raccolta di 16 tavole pubblicitarie della Studio 42, presentata da un breve testo di Elio Vittorini che si conclude con queste parole [si veda il testo completo nell’Allegato, in alto a destra]: “Dietro a queste tavole c’è uno scopo che resta, in definitiva, quello comune di ogni pubblicità. Pure, gli autori delle tavole hanno lavorato senza tenerlo presente: tenendone presente uno molto più immediato: creare immagini che riuscissero a durare nell’uomo e a vivere in lui. E’ lo stesso scopo altamente ambizioso di un poeta, di un pittore. Ma se solo l’arte può qualificare, e far durare, far vivere, ottenere l’impegno dell’uomo, la pubblicità deve essere arte”.
E arte sono le 16 tavole pubblicate nel volumetto curato dall’Ufficio Tecnico Pubblicità Olivetti e stampato da Alfieri & Lacroix S.A. nel 1939. In parte realizzate in anni precedenti, le tavole sono opera di Nivola e Pintori, ma probabilmente vi hanno contribuito anche Zveteremich e Sinisgalli, che dal 1938 sostituisce lo stesso Zveteremich a capo dell’Ufficio Tecnico Pubblicità.
Nelle tavole si ritrovano immagini ricorrenti nella comunicazione grafico-pubblicitaria della Olivetti: i fiori, le mani, le parti meccaniche, le lettere e gli alfabeti, la figura femminile. Ma si ritrovano anche immagini tipiche dell’architettura razionalista del Bauhaus e del futurismo a cui si rifacevano sia Adriano Olivetti, sia gli architetti e i designer che negli anni Trenta operavano in Olivetti: forme geometriche, strutture architettoniche schematizzate, spazi definiti e circoscritti, la sfera sospesa a mezz’aria… Immagini che contribuiscono a descrivere un’impresa che sposa una cultura e un’arte d’avanguardia, ma che è anche all’avanguardia nella tecnica dei prodotti, come dice il sottotitolo del volumetto.
Nelle 16 tavole compare sempre l’immagine della Studio 42, spesso accompagnata da parti o congegni meccanici o dal riferimento alla varietà dei caratteri disponibili o da testi e immagini evocative che esaltano le qualità e le prestazioni della macchina, la cura con cui è stata progettata e costruita. La composizione equilibrata di questi elementi aiuta a fissare nella mente di chi osserva il manifesto l’idea di un prodotto innovativo fatto per durare e per soddisfare in modo ‘responsabile’ le esigenze di chi lo usa; un prodotto progettato e costruito da chi sa che l’innovazione e il progresso tecnologico non sono disgiunti dal progresso dell’arte e della cultura.
Il testo di questo percorso si avvale anche della ricerca di Caterina Cristina Fiorentino “Millesimo di millimetro. I segni del codice visivo Olivetti 1908-1978”, pubblicata nella Collana di Studi e Ricerche dell’Associazione Archivio Storico Olivetti dal Mulino, Bologna, 2014