Con atto del notaio Felice Gianotti e sotto la ragione sociale Ing. Olivetti et Compagnia, il 29 ottobre 1908 viene fondata a Ivrea una “società in accomandita semplice per la costruzione e vendita di piccole macchine”. Il capitale sociale è di 350.000 lire, di cui 130.000 versate da 13 soci e 220.000 conferite in forma di denaro, fabbricati e terreni dal fondatore Camillo Olivetti; questi assume la gerenza della nuova società con responsabilità illimitata. Lo Statuto Sociale di fatto assegna al “gerente” Camillo Olivetti i ruoli propri di un presidente e amministratore delegato (AD) o direttore generale.
Il 4 dicembre 1932, in seguito alle riforme introdotte nel diritto societario, l’assemblea dei soci ratifica la fusione tra l’accomandita semplice Ing. C. Olivetti & C. e la Società Anonima Fonderie Olivetti, dando vita alla Ing. C. Olivetti & C. Società Anonima a responsabilità limitata. Presidente e AD di questa società resta Camillo Olivetti. Nello stesso 4 dicembre 1932 Adriano Olivetti viene nominato direttore generale.
Questa situazione rimane sostanzialmente invariata sino al 1938, quando vengono emanate le leggi razziali che tra l’altro vietano alle persone di razza ebraica di ricoprire ruoli istituzionali nelle imprese dichiarate di interesse per la difesa nazionale. Camillo Olivetti, benché esentato dall’applicazione di queste leggi in considerazione degli alti meriti acquisiti con la sua iniziativa imprenditoriale, decide di lasciare la presidenza in favore del figlio Adriano, che nel 1936 era divenuto anche vice-presidente. Nel ruolo di direttore generale viene nominato Giuseppe Pero.
Il 26 giugno del 1943 una brevissima relazione del Consiglio di Amministrazione (CdA) presenta all’assemblea degli azionisti i risultati dell’esercizio sociale terminato il 31 marzo. Adriano Olivetti è ancora presidente e AD, ma il 30 luglio viene incarcerato al Regina Coeli di Roma perché sospettato di contatti con gli americani. E’ rimesso in libertà il 22 settembre, ma per il nazifascismo resta una persona pericolosa e quindi a rischio di un nuovo arresto.
Dopo la morte del padre Camillo (4 dicembre 1943), l’8 febbraio 1944 Adriano ripara in Svizzera. Sono momenti di straordinaria difficoltà: Giuseppe Pero diviene presidente oltre che direttore generale, ma la guida dell’Olivetti di fatto è svolta in modo collegiale da un triumvirato composto dallo stesso Giuseppe Pero per la parte amministrativa, Gino Martinoli (Levi) per la produzione e Giovanni Enriques per la parte commerciale.
Rientrato in Italia nel maggio 1945, Adriano con l’assemblea del 28 luglio riprende il formalmente il ruolo di presidente e AD, ma per pochi giorni. Il 15 settembre, infatti, il CdA affida queste cariche al fratello Massimo (che diviene anche direttore generale; morirà improvvisamente nel febbraio 1949). Adriano si reca a Roma per dedicarsi meglio ai suoi progetti socio-politici di ricostruzione e riforma dello Stato.
Sostanzialmente fallita l’esperienza politica, Adriano rientra a Ivrea e il 30/11/1946 assume nuovamente il suo duplice ruolo al vertice aziendale.
Il 29/09/1958 in seguito a contrasti interni alla Famiglia Olivetti sulla gestione aziendale, Adriano chiede un semestre di congedo: mantiene la presidenza, ma Giuseppe Pero è nominato amministratore delegato.
Nella primavera 1959 Adriano riprende pienamente il controllo della Società e lo mantiene fino alla morte avvenuta il 27/02/1960.
L’8/03/1960 Giuseppe Pero assume la presidenza oltre alla carica di AD; Arrigo Olivetti, che proviene dal ramo biellese della Famiglia e che ha sposato Elena, sorella di Adriano, è nominato come secondo AD.
Il 25/07/1962 Roberto Olivetti, figlio di Adriano, è nominato AD, carica comunque conservata anche da Pero e Arrigo Olivetti.
Il 12/03/1963 Camillo Olivetti, omonimo del fondatore, ma figlio di Arrigo Olivetti, subentra al padre (divenuto presidente onorario) come AD, affiancando in questa carica Pero e Roberto Olivetti.
Giuseppe Pero muore il 14/11/1963. Per contrasti interni all’azionariato di controllo, passano alcuni mesi prima che si arrivi alla nomina di un nuovo presidente. L’accordo viene raggiunto su una persona per la prima volta esterna alla Famiglia Olivetti: è Bruno Visentini che è nominato presidente il 15/05/1964.
Visentini, in accordo con Cuccia (Mediobanca), favorisce l’ingresso nel capitale Olivetti di nuovi azionisti: oltre a Mediobanca, Fiat, Pirelli, IMI, La Centrale. Questi, dopo aver affidato per alcune settimane la gestione a un comitato esecutivo, il 29/07/1964 nominano come unico AD un “uomo Fiat”, Aurelio Peccei, che resta in carica fino al 16/02/1967, quando gli subentrano due AD. Sono Roberto Olivetti e Bruno Jarach. Visentini è sempre presidente.
La diarchia dei due AD si rivela poco efficiente e il 9/11/1971 su proposta di Visentini viene nominato come unico AD Ottorino Beltrami, che aveva diretto la Divisione Elettronica della Olivetti, poi ceduta nel 1964 agli americani della General Electric.
Nel 1978 le difficoltà finanziarie dell’Olivetti, dovute al forte indebitamento (il capitale sociale in anni di altissima inflazione è rimasto invariato dal 1964) inducono Visentini a ricercare un nuovo AD disposto a rischiare anche in proprio nella conduzione della Olivetti.
Questa figura viene individuata in Carlo De Benedetti che il 26/04/1978 viene cooptato nel CdA e nominato AD e Vice-Presidente della Società. Il 31/05/1978 l'Assemblea degli azionisti riconferma la nomina a consigliere dell'ing. De Benedetti e nella stessa data anche il CdA ne conferma le cariche sociali.
In tre occasioni Visentini viene nominato ministro: una prima volta dal 23/11/1974 al 12/02/1976, quando AD era Beltrami, ed è temporaneamente sostituito come presidente da Silvio Borri. Una seconda volta dal 29/03/1979 al 15/07/1979 e in questo breve periodo le funzioni del presidente sono svolte dal vice-presidente e AD Carlo De Benedetti. Una terza volta dal 4/08/1983 al 17/04/1987 e in questo caso la presidenza a partire dal 29/08/1983 è affidata a Carlo De Benedetti. Visentini verrà poi nominato presidente onorario.
Carlo De Benedetti rimane presidente e AD Olivetti fino alla “calda” estate del 1996. In questi anni, come AD lo affiancano prima il fratello Franco Debenedetti dal 2/10/1978 al 31/12/1988; poi Vittorio Cassoni dal 17/05/1988 al 12/05/1992; quindi Corrado Passera dal 25/09/1992 al 4/07/1996, quando il CdA accoglie le sue dimissioni comunicate il 26/06 e nomina come AD unico Francesco Caio.
Carlo De Benedetti resta presidente, ma il 3/09/1996 è costretto a lasciare anche questo ruolo e la presidenza è affidata ad Antonio Tesone.
Poco dopo, il 18/09/1996, anche l’AD Francesco Caio nominato a inizio luglio, lascia l’Olivetti e viene sostituito da Roberto Colaninno. Questi, dopo aver dismesso il business dei personal computer (1997) e quello dei sistemi e servizi informatici (1998), spostando ulteriormente il focus del business aziendale verso i servizi di telecomunicazione, nel 1999 lancia con successo un’offerta pubblica di acquisto delle azioni di Telecom Italia, cedendo nel contempo le partecipazioni di Olivetti in Omnitel e Infostrada.
Quando nell’estate del 2001 la Pirelli conquista il pacchetto di controllo della Olivetti (ormai divenuta una holding finanziaria che, oltre alla proprietà di un piccolo ramo industriale della storica Olivetti, detiene il pacchetto di controllo di Telecom Italia e TIM), Colaninno esce (31/07/2001) ed è sostituito come AD da Enrico Bondi. La presidenza resta ad Antonio Tesone, ma il 13/10/ 2001 sono nominati Marco Tronchetti Provera vice-presidente e AD, Carlo Buora AD. Il 5/09/2002 Bondi lascia la carica di AD.
All’inizio di agosto del 2003 la Olivetti, arrivata a controllare il 100% di Telecom Italia, si fonde (di fatto incorpora) con la stessa Telecom Italia, di cui assume la denominazione sociale. Da quel momento le cariche sociali sono quelle di Telecom Italia, allora presieduta da Tronchetti Provera.